Carcere, problemi di ieri e di oggi, convegno a Grottaminarda venerdì 22.
Il carcere, dai problemi di ieri a quelli di oggi. Se ne dicuterà a Grottaminarda alla presenza di esperti venerdì 22 settembre alle ore 17.00 all’interno del Castello D’Aquino.
Saluti iniziali affidati a Claudio Luisi, membro dell’associazione LforL, Antonio Mustone membro Legalact, Giovanni Ragazzo consigliere Csv, Angelo Cobino sindaco di Grottaminarda, Sergio Melillo Vescovo della Diocesi di Ariano Irpino – Lacedonia, Padre Nicola Di Rienzo Cìcappellano della Casa Circondariale di Ariano Irpino.
Interventi e relative tematiche:
Pasquale Troncone, docente di diritto penale, dipartimento di Giurisprudenza Università degli Studi di Napoli Federico: “Perchè punire? Quale trattamento è più disumano: la pena di morte o l’ergastolo? La pena e le sue funzioni.”
Giovanni Conzo, procuratore aggiunto presso il tribunale di Benevento: “L’obbligatorietà dell’azione penale: “La macchina della giustizia e il sovraffollamento carcerario.”
Giuseppe Sassone giudice presso la III sezione della Corte di Assise di Napoli: “La tutela dei diritti dei detenuti: la rivoluzione copernicana della sentenza Torreggiani.”
Paolo Pastena direttore della Casa Circondariale di Avellino: “Sono maturati i tempi per ridare vento alla vela del principio costituzionale per cui le pene debbono tendere alla rieducazione del condannato.”
Tiziana Perillo commissario capo di Polizia Penitenziaria: “Dalle celle chiuse a doppia mandata al regime aperto. Complessità e criticità del nuovo modo di concepire la gestione penitenziaria.”
Luisa Del Vecchio volontaria presso la Casa Circondariale di Ariano Irpino: “La voce di un volontario.”
Modera l’incontro Benedetto Coccia, coordinatore scientifico area sociale dell’istituto di studi politici San Pio V di Roma.
Iniziativa realizzata nell’ambito delle attività del Bando “Proposte di Microprogettazione Sociale 2014 – 2015”.
Nelson Mandela, emblema della lotta all’apartheid, così chiosava: “Si dice che non si conosce veramente una Nazione se non si sia stati nelle sue galere. Una Nazione dovrebbe essere giudicata non da come tratta i cittadini più prestigiosi ma i cittadini più umili”.
Per valutare il grado di efficienza del nostro ordinamento, allora, è necessario cercare di dar risposta all’interrogativo “Se un altro carcere sia possibile”. Se, come diceva Voltaire, la democrazia e la qualità di un Paese si valutano dal grado di civiltà delle sue istituzioni totali, vuol dire che la tenuta democratica delle nostre istituzioni è fortemente a rischio. Se nel nostro immaginario si affaccia l’idea che possano esistere luoghi con diritti soggettivi attenuati o ridotti, ci si comincia ad affacciare in un tunnel pericoloso e preoccupante.
Chi rompe il patto sociale e viola le regole della convivenza deve, ovviamente, assumersi le conseguenti responsabilità, ma la pena porta con sé un sovraccarico di sofferenza ed umiliazione, non scritto né cristallizzato in sentenza, e, soprattutto, non riesce a ricostruire una nuova identità personale sulla quale innestare un vero e compiuto progetto di cambiamento.
È sotto gli occhi di tutti il conclamato collasso del sistema penitenziario, incapace di concretizzare e far divenire effettivi i principi costituzionali ed ordinamentali della rieducazione per disinnescare i rischi nefasti della segregazione detentiva in cui finisce per condensarsi.
Per troppo tempo il carcere è stato, purtroppo, luogo dell’oblio, della rimozione sociale, l’elemento quasi catartico di una società violenta e diseguale. In qualche modo il carcere è sparito anche dai nostri occhi, nascosto o rimosso: difatti, negli ultimi decenni, l’architettura penitenziaria si è spostata sempre di più verso le periferie urbane, quasi che le contraddizioni più complesse del nostro vivere sociale dovessero essere allontanate anche dalla nostra vista, dai nostri pensieri, dalla nostra quotidianità, entrando così in evidente contraddizione con l’idea centrale del diritto, quella che vedeva gli originari luoghi di pena all’interno del tessuto urbano allo scopo di dare risalto ed evidenza empirica al fatto di reato ed alla sua pena come tributo da versare alla società, pagato il quale si veniva riammessi al consesso sociale. Si possono ricordare a questo proposito il Regina Coeli a Roma e il San Vittore a Milano, abili a testimoniare che l’espiazione della pena non doveva comportare l’espulsione dal contesto civile e sociale, né tantomeno la privazione della cittadinanza.
Oggi tutto è cambiato: è cambiata la composizione sociale della popolazione detenuta; si è profondamente modificato il contesto, anche culturale; sono cambiate le condizioni ambientali e strutturali dei luoghi di pena.
Il carcere, in altre parole, è sempre più luogo dell’assenza. Assenza di diritti, di umanità, di prospettive, di senso. Uomini e donne sono ammassati in luoghi sempre più ristretti ed angusti, dove il tema della difesa e della tutela dei diritti fondamentali dell’uomo si oscura rispetto a tutto, dove la dimensione custodialista è ampiamente prevalente su quella inclusiva e riabilitativa. Le carceri sono diventate il luogo in cui si condensano fasce di povertà, di marginalità ed esclusione sociale, dove la dignità, la civiltà e il decoro si sono fermati: una vera e propria discarica sociale in cui rovesciare le contraddizioni più complesse e spigolose della nostra vita comune e di relazione.
Ripristinare le condizioni di diritto, di umanità, di dignità delle nostre carceri è la premessa fondamentale per una riflessione ed un’elaborazione veramente profonda sul senso e sui fini della pena. Si tratta di cogliere e realizzare lo spirito di civiltà e quello di progresso necessari nel quadro normativo e attuale, di dar vita insomma ad un radicale rinnovamento, ad una profonda trasformazione e rivoluzione sul piano culturale: se limitazione della libertà personale significa rispetto della dignità umana, allora un altro carcere deve essere possibile.
Questo il leit motiv del convegno che l’associazione “Liberi per Liberare – LforL” ha organizzato, per il prossimo 22 settembre, nel Comune di Grottaminarda in cui esperti del settore daranno vita ad un dibattito vivo e partecipato, aperto a tutti gli appassionati, cultori del diritto o “semplici” cittadini desiderosi di riflettere in profondità su un’idea più ricca dell’umano: quella dell’accoglienza e del rispetto da dedicare anche a chi ha violato il patto sociale che lega la nostra società. Per riuscire a capire che un altro mondo è possibile e può realmente essere possibile partendo dalla sfida della diversità e dal confronto di teorie, pratiche ed esperienze.
Sarà una giornata di intenso dibattito e di vive scuole di pensiero, palcoscenico ideale per trovare idee concrete, per disegnare il futuro partendo dal presente.