Comuni area Greco di Tufo DOCG e Valle del Sabato uniti contro il biodigestore di Chianche.

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I comuni dell’area D.o.c.g del “Greco di Tufo” e della Valle del Sabato, Associazioni per la tutela ambientale e della salute della Valle del Sabato hanno dato vita ad un comitato per dire no al Biodigestore di Chianche. Sulla costruzione dell’impianto di trattamento rifiuti nel piccolo comune irpino di circa 500 abitanti si esprimerà il Tar il prossimo 4 luglio. Il sindaco Pd Carlo Grillo riconfermato nel 2017 con il 54,17% dei voti è intenzionato ad andare avanti per la sua strada coadiuvato dalla Regione Campania. I cittadini sono pronti ad impugnare l’eventuale sentenza sfavorevole anche dinanzi al consiglio di Stato. La realizzazione dell’impianto preoccupa dal punto di vista ambientale i comuni limitrofi; oltre a salvaguardare la salute anche l’economia locale rischia di essere messa in ginocchio essendo Chianche uno degli otto comuni che compongono l’areale del Greco di Tufo Docg .

“I Comuni e le Associazioni per la tutela della Valle del Sabato hanno dato vita a un Comitato unitario per coordinare e potenziare l’attività di opposizione alla realizzazione di un biodigestore nel Comune di Chianche. Il Comitato, pertanto, chiama alla mobilitazione generale le popolazioni locali, le rappresentanze istituzionali comunali, gli operatori economici e produttivi della filiera vitivinicola, gli esercenti commerciali e dei servizi, le forze politiche e sociali , perché con i metodi della civiltà e della democrazia sia fermamente respinto il tentativo di collocare in un’area già fortemente soggetta a pressioni ambientali, ma anche dalle straordinarie potenzialità eno-agro-alimentari, un impianto di trasformazione industriale del ciclo dei rifiuti. La grave e solitaria scelta del Comune di Chianche è stata suffragata da una irresponsabile condivisione della Regione Campania, la quale ha avallato una serie di inaudite incongruenze che di fatto dimostrano l’inattuabilità e la pericolosità ambientale dell’iniziativa. In particolare: la localizzazione dovrebbe essere quella dell’area del Piano Insediamenti Produttivi (mai entrato in funzione e senza sottoservizi) adiacente alla linea ferroviaria Avellino-Benevento e posta tra due passaggi a livelli, vicinoria al fiume Sabato, in piena area a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Greco di Tufo” nonché a diversi insediamenti abitativi ; il territorio è inidoneo a sopportare logisticamente la continua azione di un conferimento che consta di un minimo di 30.000 tonnellate annue in entrate e di altre decine di migliaia di tonnellate di prodotti residui in uscita, in quanto dotato di una rete viaria secondaria a dir poco precaria, in continua difficoltà di transito e manutentiva, per lo più priva di illuminazione; il casello autostradale prossimo è quello di Avellino-Est ed è distante oltre 15 chilometri per cui costringerà la carovana di automezzi trasportanti materiale organico putrefatto, soggetto a effluvi maleodoranti, quotidianamente e in tutte le stagioni dell’anno, ad attraversare i centri abitati di Pratola Serra e Tufo oltre le percorrenze di Prata P.U., Altavilla Irpina, Petruro Irpino e Ceppaloni; l’insediamento andrebbe a trovarsi nel pieno dell’area pregiata degli otto comuni “D.O.C.G.” del “Greco di Tufo” compromettendo seriamente l’immagine di un intero territorio per il quale è fondamentale la tutela, il miglioramento e la qualificazione ambientale, prossimo al redigendo Parco geo minerario di Tufo e Altavilla Irpina, di cui fanno parte anche i comuni di Chianche, Torrioni e Petruro Irpino nonché la Provincia di Avellino.

La zona prescelta è stata interessata in un recente passato da un improprio utilizzo come discarica abusiva rientrante nelle indagini che hanno condotto all’operazione antimafia comunemente denominata “Chernobil“,come dimostrano le indagini della Procura di Santa Maria Capua Vetere; anche se in corso d’opera furbescamente è stata modificata la titolazione progettuale da impianto anaerobico ad aerobico, ma restando inalterato nella sostanza il processo produttivo che non produrrà alcun compost utile per l’economia agraria dell’area, tanto che si porranno ulteriori problemi di smaltimento dei diversi prodotti che ne deriveranno dall’intero ciclo di lavorazione: aeriformi, solidi e liquidi.

Sono ragioni fondate quelle che ci spingono ad opporci con convinta decisione per legittima difesa per cui intendiamo avviare una serie di iniziative dalla forte valenza istituzionale e legale con il ravvicinato obiettivo di richiedere la dovuta attenzione e l’intervento da parte di organismi dello Stato e dell’Unione Europea. Non si tratta di dire solo un NO a un biodigestore ma alla rassegnazione di vedere le nostre zone, esposte a una deliberata e violenta aggressione, predestinate a un futuro fatto di marginalità e di speculazione il cui prezzo, in termini di salute e di qualità della vita, verrebbe fatto pagare alle popolazioni di oggi e a quelle future. Siamo uniti e partecipiamo tutti a questa battaglia di civiltà e di coscienza”.

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