Riuniti a Benevento, com’è ormai tradizione, ringraziamo anzitutto Dio per il dono dell’esperienza che ci ha dato di vivere, fatta di comunione e sinodalità concreta: l’amicizia, lo scambio sereno e fecondo, i momenti di distesa fraternità condivisi sono il valore aggiunto, la cifra peculiare di questa esperienza che porteremo con noi. Giorni nei quali abbiamo sentito risuonare le parole rivolte al profeta: «Figlio dell’uomo, io ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele» (Ez 33,7).
A spronarci sono state anche le parole di Papa Francesco, che il 20 gennaio di quest’anno, ricevendo l’Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali, ha tra l’altro affermato: «i piccoli Comuni, soprattutto quelli che fanno parte delle cosiddette aree interne, e che sono la maggior parte, sono spesso trascurati e si trovano in condizione di marginalità. I cittadini che li abitano, una porzione significativa della popolazione, scontano divari importanti in termini di opportunità, e questo resta una fonte di disuguaglianza».
Le Aree interne costituiscono la parte consistente e fragile di tutto il Paese (nord, centro, sud), pur custodendo esse potenzialità straordinarie. In un tempo in cui la distanza relazionale crea vere e proprie disconnessioni umane e lo spazio, quello verde soprattutto, va rarefacendosi, queste vaste porzioni di territorio, dotate di paesaggio e di un ricco patrimonio storico-artistico ed enogastronomico, dove le relazioni umane sono vissute in modo autentico, si rivelano infatti di una ricchezza sorprendente anche allo sguardo più distratto. Sono questi i luoghi – come ha detto per tutti il nostro Presidente, il cardinale Matteo Zuppi – «che hanno la forza di essere comunità, luoghi dove i legami si rinsaldano e ci si ritrova». Perciò, ha detto ancora, «è necessario partire dalle “periferie”, espressione felice di papa Francesco, per capire anche tutto il resto. Il centro, infatti, si capisce dalle periferie». Terreno fecondo per il futuro potrà essere anche una nuova pastorale rurale, capace di valorizzare il mondo dei lavoratori della terra.
È compito primario della politica – con il concorso dei corpi intermedi – elaborare un piano globale per valorizzare tale risorsa: è stato in tal senso importante l’incontro che abbiamo avuto con l’ANCI, nel quale abbiamo condiviso comuni obiettivi. Peraltro, trascurare la questione delle Aree interne – che attraversa per intero il Paese, da nord a sud – rischia di ledere i diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione e di allargare ulteriormente il fossato tra zone ricche e zone povere, fossato che in molte situazioni è vissuto già all’interno di una stessa Regione. Mentre auspichiamo, come ha detto ancora il nostro Presidente, «politiche serie e stabili a sostegno della natalità e della famiglia», riteniamo che «un’idea seria di accoglienza può dare futuro alle Aree interne e anche al nostro Paese».
Abbiamo in questi giorni riflettuto sul modo migliore per avviare una pastorale il più possibile idonea per le Aree interne, interrogandoci soprattutto sulla ministerialità che nasce dal battesimo; una ministerialità che coinvolge tutte le membra del Popolo di Dio e la molteplicità delle vocazioni, nella consapevolezza che non possiamo continuare a ripetere stereotipi ormai da tempo superati, quanto occorre piuttosto aprirsi alla voce dello Spirito, che non fa tanto cose nuove, ma fa nuove tutte le cose. È necessario perciò superare l’ottica ristretta del campanile, per aprirci a forme nuove, capaci di valorizzare al meglio le risorse a nostra disposizione. Esprimiamo viva e sincera gratitudine ai sacerdoti e agli operatori pastorali che con generosità lavorano nei territori interni affrontando non poche difficoltà: anche la formazione nei seminari dovrà tener conto di queste problematiche.
Ripetiamo quanto dicemmo due anni fa, chiudendo il nostro incontro: «c’impegniamo a restare! La Chiesa non vuole abbandonare questi territori, senza per questo irrigidirsi in forme, stili e abitudini che finirebbero per sclerotizzarla. In tal senso c’impegniamo ad aiutare i nostri giovani che vogliono restare, cercando di offrire loro solidarietà concreta, e c’impegniamo ad accompagnare quelli che vogliono andare, con la speranza di vederli un giorno tornare arricchiti di competenze ed esperienze nuove».
In questi giorni abbiamo seminato, certi della Parola di Dio: «Guardate l’agricoltore: egli aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le piogge d’autunno e le piogge di primavera» (Gc 5,7). Confidiamo che le nostre comunità siano quel terreno buono che, accogliendo il seme della Parola, la facciano crescere e fruttificare.