“Basta considerare gli abbruciamenti dei residui vegetali unico colpevole degli sforamenti nella provincia di Avellino. Si può fare, ma con determinate regole. Abbiamo chiesto a sua Eccellenza il Prefetto di partecipare alla discussione al tavolo convocato in prefettura per affrontare l’argomento e fornire nostri suggerimenti in merito. Ma non siamo stati invitati. Ci auguriamo un’audizione per le prossime sedute”. L’appello arriva dall’Ordine dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali della Provincia di Avellino che ha affrontato l’argomento nel corso dell’ultima riunione.
“In Irpinia si afferma che in seguito agli abbruciamenti si registrano continui sforamenti. Questa correlazione è ancora tutta da dimostrare. In materia esiste tutto ed il contrario di tutto. Ci sono ben altre cause molto più impattanti. Ciò detto, bisogna cercare di fare sforzi comuni, per far convivere il mondo agricolo con il mondo urbano – spiegano dall’Ordine – E’ un errore concentrare gli abbruciamenti in due o tre giorni della settimana, ma converrebbe consentire l’abbruciamento durante più giorni la settimana lavorativa, dal lunedì al venerdì, concentrandoli nelle ore più calde (11:00 – 15-00) così da evitare il ristagno sui nostri territori, che per conformazione, orografia e posizionamento dei centri urbani porta a questi problemi ”.
“E’ necessario – fanno sapere gli agronomi – programmare con azioni concrete il nostro futuro, puntare su nuove tecnologie, far in modo che le tecnologie in essere siano accessibili a tutti, incentivare le azioni di riutilizzo dei residui facendoli diventare fonte energetica con le future programmazioni in agricoltura, investimenti dei Comuni e Enti preposti anche con l’individuazione di aree di raccolta e stoccaggi. Regolamentare meglio la materia degli abbruciamenti a livello locale ed utilizzare tanto buon senso da parte di tutti. In agricoltura in materia di abbruciamenti dei residui vegetali ci sono stati tantissimi miglioramenti negli ultimi 5-6 anni con diminuzioni veramente importanti di tale tecnica, sostituita da interramento di materia vegetale e trinciature per produrre humus ed energia. La direzione intrapresa dall’agricoltura è quella giusta, con un po’ d’impegno da parte di tutti si potrà fare ancora meglio, è necessario programmare ed investire, migliorando nelle future programmazioni, nazionali e regionali, i piani di sviluppo rurale (PSR) in agricoltura”.
Il presidente dell’Ordine, Antonio Capone, a nome di tutti i colleghi professionisti, illustra le proposte relativamente agli abbruciamenti: “E’ una normale pratica di gestione delle aziende agricole che viene applicata da millenni, effettuata in maniera legale dalle aziende agricole e regolamentata a livello nazionale a livello regionale e comunale. La legge regolamenta l’abbruciamento, prevede divieti in alcuni periodi dell’anno vietando completamente tale pratica nei periodi di massimo rischio incendi. Negli altri periodi prevede, l’attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli e in quantità, non superiori a tre metri steri per ettaro. Dal punto di vista sanitario permette di ridurre l’infestazione di molti agenti patogeni, parassiti, fungini, batterie, diminuendo l’utilizzo dei prodotti fitosanitari nella lotta integrata e nella lotta biologica. Nelle zone montane ed impervie è utilizzata sia per la gestione idrogeologica del territorio, sia per la messa in sicurezza degli incendi boschivi. Il blocco totale agli abbruciamenti è la soluzione più comoda e semplice che scarica tutto sul settore agricolo, che non ripaga la società nel lungo periodo. Il problema potrebbe essere risolto regolamentando meglio la materia, mettendo in campo più azioni ed investendo con programmi di transizione che portino nei prossimi anni a far diventare i residui dell’agricoltura delle risorse”.
“Ci sono aziende agricole che non fanno più abbruciamenti. Sono aziende medie e medio grandi, con maggiori disponibilità economica, che hanno creato un circuito virtuoso di riutilizzo, molto spesso all’interno dell’azienda stessa. Il circolo virtuoso avviene attraverso l’acquisto di trincia e frese, acquisto di cippatrici che consentono di sminuzzare il frascame ed utilizzarlo nelle caldaie, dopo opportune modifiche, per il riscaldamento. Queste innovazioni e tecniche possono essere utilizzate con programmi di investimenti e sforzi comuni per trasferire queste nuove tecnologie. Non in tutte le zone sono applicabili. In montagna, nelle zone più disagiate, nelle aree dove ci sono problemi fitopatologici, in quei casi è meglio procedere ad abbruciamenti. La non corretta gestione dei residui vegetali può provocare nel lungo periodo l’abbandono e l’incuria, aumentando il rischio degli incendi boschivi d’estate (i quali provocano danni ingenti all’ambiente , alla salute umana e alla fauna) aumentando anche il rischio di dissesto idrogeologico, una problematica che accomuna gran parte del territorio irpino per conformazione orografica”, conclude Capone.