Circa 100 milioni di euro da spendere attraverso 45 progetti identificati attraverso la ricognizione attivata da Ance Salerno sul territorio provinciale.
Scendendo nel dettaglio si tratta di 4 progetti immediatamente cantierabili, 24 esecutivi, 11 preliminari e 6 definitivi.
Sono questi i dati salienti che emergono dal report – strutturato a livello regionale e nazionale dal circuito Ance – che prende spunto dall’iniziativa denominata “La carica dei 5.000 cantieri per far ripartire l’Italia”.
I numeri (sul piano nazionale) sono significativi: 5.300 opere in grado di attivare investimenti per 9,8 miliardi e 165.000 posti di lavoro, con una ricaduta complessiva sul sistema economico del Paese di 32 miliardi di euro.
A livello di macro-ripartizioni le opere sono così localizzate: 948 nel Nord-Ovest; 1128 nel Nord-Est; 998 al Centro e ben 2.199 al Sud.
Gli ambiti di intervento sono in questo modo delimitati: il 20% per la sicurezza nelle scuole; il 16% per migliorare la qualità della vita nelle città; il 13% per contrastare il rischio idrogeologico ed un altro 13% per la manutenzione delle strade.
Dal punto di vista delle risorse reperibili per finanziare le opere l’Ance fa riferimento al Fondo Sviluppo e Coesione 2014/2020: sono stati identificati 39 miliardi di euro da programmare al più presto possibile. L’Ance ipotizza anche questi appostamenti: 5 miliardi per il rischio idrogeologico; 6 miliardi per l’edilizia scolastica; 5 miliardi per la riqualificazione urbana/periferie e 3 miliardi per housing sociale/disagio abitativo.
Il quadro generale in Campania
I progetti monitorati dall’Ance ricadenti nel territorio della Campania sono 347 per un importo complessivo di circa 710 milioni di euro. Scendendo nel dettaglio: opere stradali (2, 540.000 euro); opere stradali/manutenzione/messa in sicurezza (23, 24.803.812 euro); infrastrutture idriche (33, 91.616.595 euro); trasporto pubblico e mobilità urbana sostenibile (6, 5.613.300 euro); interventi su spazi pubblici urbani (71, 204.076.480 euro); interventi su edifici scolastici (58, 84.739.002 euro); interventi su edifici culturali (22, 40.086.100 euro); impianti sportivi (15, 13.619.232 euro); interventi su altri edifici pubblici (41, 83.896.530 euro); rischio idrogeologico e protezione dell’ambiente (48, 102.640.245 euro); altri progetti (28, 58.084.551).
Le scenario nelle cinque province
Come detto, in provincia di Salerno i progetti monitorati sono 45 per un importo di 99.406.803 milioni di euro, che incidono per il 14% sul totale complessivo spendibile in Campania. Nel Napoletano i progetti sono 52 in grado di attivare potenzialmente 240.797.773 euro (il 33,9%/Campania).
In termini assoluti è stato localizzato in provincia di Avellino il maggior numero di progetti: 139 per un importo di 208.208.051 euro (29,3%/Campania).
In provincia di Caserta i progetti sono 41 (47.438.528 euro, 6,7%/Campania); in provincia di Benevento i progetti sono 70 (108.749.632 euro, 15,3%/Campania).
Dal punto di vista percentuale è, quindi, la provincia di Avellino (40,1%) a detenere il “pacchetto” più consistente di progetti disponibili. Seguono Benevento (20,2%); Napoli (15%); Salerno (13%); Caserta (11,8%). Se si prende in considerazione, invece, il parametro degli investimenti attivabili primeggia la provincia di Napoli, seguita da quelle di Avellino, Benevento, Salerno e Caserta.
Le regioni obiettivo
Se si estende la ricognizione alle quattro Regioni Obiettivo il numero più alto dei progetti è concentrato in Sicilia (476), seguono: Campania (347), Calabria (304) e Puglia (281). Complessivamente al Sud sono stati, quindi, localizzate 2.199 opere potenzialmente cantierabili. L’importo dei progetti delle 4 Regioni Obiettivo ammonta ad oltre 7,5 miliardi di euro per un’incidenza media sul totale Italia del 77,2%.
Lo stato dei territori
“Il territorio italiano – è scritto nel report di Ance nazionale diffuso il 29 aprile scorso – è fragile: l’82% dei Comuni è a rischio frane e alluvioni. Quasi 6 milioni di italiani convivono con questo pericolo. In 10 anni 2000 tra frane e alluvioni hanno causato 293 vittime”. Preoccupante il livello di sicurezza degli edifici scolastici. “Circa 30 mila scuole italiane – è scritto sempre nel report di Ance nazionale – sorgono in zone a rischio terremoto o alluvione. Oltre la metà degli istituti è stato costruito prima del 1974, senza le norme antisismiche”.
Il patrimonio edilizio ha urgente bisogno di un piano di riqualificazione. “Il 65% degli edifici italiani – rileva l’Ance – ha più di 40 anni. Un patrimonio che costa il 35% di tutta l’energia impiegata in Italia. Le nostre città sono agli ultimi posti delle classifiche internazionali sulla competitività dei territori”.
Le proposte dell’Ance
Dal punto di vista operativo l’Ance ha illustrato nei giorni scorsi la propria proposta: un Decreto Legge per la semplificazione e la trasparenza negli appalti. E’ questo lo strumento individuato – in attesa del recepimento delle nuove direttive UE – per alcune misure urgenti in grado di favorire la realizzazione dei progetti in tempi certi, con costi adeguati e metodi trasparenti. Tra le misure sollecitate rientrano:
1. la previsione di commissioni di gara con membri esterni alla stazione appaltante, estratti per sorteggio da un elenco tenuto dall’ANAC;
2. il divieto dell’offerta economicamente più vantaggiosa per i piccoli lavori (sotto i 2,5 milioni di euro) limitandola, fino a 5 milioni di euro, ai soli lavori complessi;
3. la previsione dell’estrazione, solo dopo la presentazione delle offerte, del metodo di determinazione della soglia di anomalia;
4. l’eliminazione della sanzione pecuniaria per le dichiarazioni di irregolarità in gara.
L’Ance ritiene, inoltre, importante:
5. tutelare le imprese sane nelle ATI, in caso di crisi aziendali;
6. affrontare il problema delle categorie specialistiche, in vista della prossima scadenza della norma ponte (art. 12, comma 5, l. 80/2014);
7. attivare più controlli con maggiori responsabilità in riferimento al risultato: tornare all’ingegnere capo;
8. la sospensione della Garanzia Globale di esecuzione (c.d. “performance bond”), fino al recepimento delle nuove Direttive comunitarie, per evitare un drastico restringimento della concorrenza.
In ogni caso l’Ance ritiene che con l’adozione del nuovo Codice dei Contratti “potrebbe, infatti, delinearsi un quadro normativo più efficace e funzionale alle esigenze del mercato per giungere forse anche ad una completa abrogazione dell’istituto”.
“Ancora una volta – ha dichiarato il presidente di Ance Salerno Antonio Lombardi – occorre evidenziare che il problema fondamentale in Campania e in altri territori del Sud non è quello del reperimento delle risorse, ma la capacità realizzativa delle strutture amministrative. La ricognizione realizzata dal sistema Ance ci mette di fronte ad un dato che conferma l’esistenza di una vera e propria palude burocratica che ha senza dubbio anche i tratti della responsabilità politica. Si parla spesso a sproposito di “tesoretti”, ma avere a disposizione oltre 700 milioni di euro in Campania e non spenderli è un’ulteriore “schiaffo” alle difficoltà nelle quali versa il comparto delle costruzioni”. “Come già rilevato in altre indagini (Svimez) – ha continuato Lombardi – l’eccessivo intervallo di tempo tra le varie fasi della progettazione e la cantierabilità comporta un gravissimo danno non solo per l’utenza finale che potrà usufruire dell’opera quando molto probabilmente essa non sarà adeguata alle nuove esigenze, ma anche per il sistema economico e produttivo di fatto “ingessato” in attese bibliche e, quindi, privato di una liquidità che pure sarebbe attivabile in tempi molto più stretti”. “È indispensabile – ha concluso Lombardi – avviare immediatamente una nuova stagione politica ed amministrativa in grado di rilanciare un grande progetto di manutenzione e di riqualificazione strutturale dei territori, mettendo mano anche ad una revisione normativa incentrata sulla tutela della qualità e della trasparenza delle imprese. La sicurezza nelle scuole, il miglioramento degli standard di vivibilità nelle città, il rischio idrogeologico e la manutenzione nelle strade rappresentano ambiti di intervento di primo piano. E’ da questa constatazione che la filiera istituzionale dovrebbe partire quando prende in considerazione la programmazione dello sviluppo e la ripresa economica. Ma, purtroppo, quasi sempre assistiamo invece a sterili elencazioni che, poi, peraltro, rimangono lettera morta”.