Altra giornata da dimenticare, quella appena trascorsa, nel carcere di Ariano Irpino. “Il Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria dice basta! Il carcere irpino si conferma, ogni giorno di più, una vera e propria trincea in cui a pagare il conto maggiore e sempre il personale in uniforme”, denuncia il Segretario regionale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Tiziana Guacci che racconta quando avvenuto nelle ultime ore: “Ieri, durante una perquisizione nella II Sezione del carcere che ha portato al rinvenimento di un telefono cellulare, due detenuti hanno tentato in tutti i modi di ostacolare i poliziotti penitenziari. Una volta scoperto il telefono, i due sono stati portati per le contestazioni di rito presso l’Ufficio della Sorveglianza dove hanno continuato a dare non pochi problemi e, una volta ristretti in altre celle, hanno letteralmente sfasciato tutto e allagato la Sezione”. “Contestualmente”, prosegue la sindacalista, “si è verificato altro evento critico che ha visto protagonista un altro detenuto ubicato in un’altra cella che, dopo avere provocato un buco nel muro con una spranga, è riuscito ad aprire la cella di altri due ristretti, permettendo loro di uscire nel corridoio della Sezione. Grazie alla prontezza e abilità dei poliziotti penitenziari di Ariano Irpino, la situazione è rientrata ed i tre detenuti sono stati immediatamente trasferiti in altri istituti”. Per Guacci, “il Provveditorato Regionale di Napoli e il Dipartimento di Roma devono farsi carico del problema, e attuare tutte le misure necessarie per far sì che nel carcere di Ariano Irpino il personale di Polizia Penitenziaria possa svolgere il proprio turno lavorativo in sicurezza e con la dovuta serenità”, conclude.
Per Donato Capece, segretario generale del SAPPE, “la situazione penitenziaria campana quella nazionale fanno emergere, ogni giorno di più, la tensione non più latente ma palese ed evidente. Bisogna intervenire con celerità, a tutela dei poliziotti penitenziari, orgoglio non solo del SAPPE e di tutto il Corpo ma dell’intera Nazione con strumenti utili a fronteggiare le continue aggressioni, dandoci ad esempio in uso il taser”. Il leader del SAPPE ricorda che introdurre o possedere illegalmente un telefono cellulare in carcere costituisce reato, punito da 1 a 4 anni di reclusione. “L’introduzione del reato nel nostro Codice penale, purtroppo, non ha sortito gli effetti sperati; l’unico deterrente possibile rimane la schermatura degli istituti per rendere inutilizzabili i telefoni. La situazione è ormai fuori controllo. È necessario un intervento urgente per dotare le carceri di sistemi di schermatura efficienti e per contrastare efficacemente l’introduzione di telefoni cellulari all’interno degli istituti penitenziari”. E si appella al DAP: “domandiamo ai vertici del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria a che punto è proprio il progetto di schermatura degli istituti, proprio per neutralizzare l’utilizzo dei telefoni cellulari e scoraggiarne l’introduzione, garantendo così quella prevenzione che, in casi di questo tipo, può risultare più efficace della repressione”.