Bancarotta fraudolenta, interdetti 5 commercialisti ed un avvocato a Benevento.
Nella mattinata odierna, a seguito di un’articolata attività di indagine coordinata dai magistrati della Procura della Repubblica di Benevento, militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Benevento hanno dato esecuzione ad una ordinanza di applicazione di misure cautelari interdittive in relazione ad ipotesi di reato previste, a vario titolo, dalla Legge Fallimentare (R.D. n. 267/42), tra le altre, bancarotta fraudolenta, bancarotta concordataria e falso in attestazioni e relazioni.
Il provvedimento interdittivo, eseguito da militari del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Benevento, è stato disposto nei confronti di cinque commercialisti, riconducibili ad un medesimo studio con sede in Benevento, nei confronti dei quali è stata applicata la misura cautelare del divieto temporaneo di esercitare la professione di commercialista per la durata di dodici mesi, nonché nei confronti di un avvocato beneventano, anch’egli collaboratore con il predetto studio commerciale, nei cui confronti è stata adotta la medesima interdizione all’esercizio della professione forense per durata di dodici mesi.
Le indagini, avviate in seguito ad una segnalazione ex art. 7 L.F. del Tribunale di Benevento effettuata dopo aver dichiarato inammissibile il ricorso alla procedura di concordato preventivo presentato da una società, si concentravano sui possibili abusi delle procedure concordatarie e di ristrutturazione di debiti a cui sono ricorsi alcuni imprenditori del territorio che, unitamente ai professionisti indagati, disponendo unilateralmente dei tempi del procedimento, paralizzavano le possibili iniziative recuperatorie, così frodando i creditori ed utilizzando strumenti processuali per perseguire finalità eccedenti o deviate rispetto a quelle per le quali l’ordinamento li ha predisposti.
Nello specifico, su delega della Procura della Repubblica, il Nucleo Polizia Economica Finanziaria della Gdf di Benevento, avviava approfondimenti investigativi su una richiesta di ammissione al concordato preventivo presentata da una società, operante nel settore del commercio di materiale ferroso, appositamente costituita a Benevento presso il richiamato studio commerciale. Emergeva la carenza informativa che aveva caratterizzato l’iter prodromico alla procedura concordataria, la mancanza di informazioni esaustive nelle relazioni dei professionisti, il ricorso ad un’operazione straordinaria di fusione tra due società ormai vuote e la successiva incorporazione in una terza società mai attiva, il trasferimento della sede legale della società neo costituita (Newco) a Benevento, ove poi è fallita. In particolare si aveva modo di ritenere che il professionista attestatore aveva omesso di riferire dell’esistenza di un decreto di sequestro preventivo per equivalente, emesso nell’ambito di un’indagine in materia di frode IVA avente carattere transnazionale, eseguito dalla Compagnia GdF di Legnago, di tutti i beni nella disponibilità dell’imprenditore nonché di due società a lui riconducibili sino alla concorrenza dell’importo di € 21.187.096,43; che nella relazione di stima ex art. 160 co. 2 L.F., il professionista incaricato non avesse fatto minimamente cenno a tale chiara ed inequivoca emergenza; che gli advisors che avevano assistito la società ricorrente nella procedura concordataria avessero tenuto eventuali condotte agevolative, nella qualità di extranei nei reati fallimentari ipotizzabili.
Alla luce di tali risultanze, l’attività investigativa veniva concentrata su due gruppi imprenditoriali del territorio sannita di rilievo nazionale in crisi, che avevano adottato iter analoghi.
Le indagini, svolte attraverso acquisizioni documentali (riferite a procedute concordatarie e fallimentari, scritture contabili delle società interessate e documentazione bancaria), nonché numerose intercettazioni telefoniche ed escussioni di persone informate sui fatti, hanno consentito, in sintesi, di acquisire gravi indizi in ordine a plurime ed articolate condotte fraudolente contestate ai professionisti indagati, consistite soprattutto nel rappresentare ripetutamente all’esterno una situazione economico – finanziaria del gruppi imprenditoriali investigati difforme da quella reale, nonché nel depauperare il patrimonio di singole società del gruppo, in pregiudizio per i creditori, attraverso operazioni prive di giustificazione economica (affitto di ramo d’azienda; rinuncia irrevocabile a crediti; acquisto di partecipazioni ad un prezzo elevato e rivendita delle stesse dopo pochi mesi a prezzo irrisorio) con abuso dei citati strumenti concordatari e di ristrutturazione adottati delle società in crisi con finalità esclusivamente dilatoria, in modo da paralizzare le iniziative recuperatorie dei creditori ed, al contempo, depauperare l’impresa in crisi.
Nell’articolata indagine risultano indagati oltre 40 soggetti, tra professionisti ed imprenditori, per molti dei quali il GIP, pur non sussistendo le esigenze cautelari, ha comunque confermato l’impianto accusatorio.