Buongiorno Ceramica, dal 29 al 31 maggio, gli appuntamenti di Ariano Irpino, Cerreto Sannita e San Lorenzello.

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20072007270-800x500Saranno 37 città dal 29 al 31 maggio ad essere idealmente unite in una grande festa di forme, smalti, colori che idealmente dipingerà un’Italia più bella e creativa.

È la prima edizione di BUONGIORNO CERAMICA!, tre giorni a porte aperte dal mattino fino a notte.   Ecco le città protagoniste,  tutte di antica tradizione ceramica: Albisola Superiore, Albissola Marina, Ariano Irpino, Ascoli Piceno, Assemini, Bassano del Grappa, Burgio, Caltagirone, Castellamonte, Castelli, Cava de’ Tirreni, Cerreto Sannita, Civita  Castellana, Deruta, Este, Faenza, Grottaglie, Gualdo Tadino, Gubbio, Impruneta, Laterza, Laveno Mombello, Lodi, Mondovì, Montelupo Fiorentino, Napoli, Nove, Oristano, Orvieto, Pesaro, San Lorenzello, Santo Stefano di Camastra, Sciacca, Sesto Fiorentino, Squillace, Urbania, Vietri sul Mare.

Tutte unite, in una kermesse che plasmerà un’Italia più bella e creativa. Unite in nome del fatto a mano perché come sottolinea Jean Blanchaert, esperto di arti applicate e consulente artistico AiCC, “Garibaldi quando ha unificato l’Italia non immaginava di mettere insieme anche un incredibile mondo ceramico. L’Italia infatti oltre che unificata nella lingua è unificata anche nella ceramica.”

Buongiorno Ceramica! è un evento promosso dall’Associazione Italiana Città della Ceramica (AiCC) e organizzato dalla stessa AiCC insieme ad Artex, con l’obiettivo di portare  all’attenzione e valorizzare una delle più belle eccellenze artigianali ed artistiche del “made in Italy”.
“Con Buongiorno Ceramica!, AiCC si fa promotrice di un progetto in cui le protagoniste sono le città di antica tradizione ceramica, dimostrando come la forza e la passione collettiva  sappiano produrre un risultato importante – a livello culturale, sociale ed economico – per la Ceramica Italiana” afferma il senatore Stefano Collina, da oltre 10 anni Presidente
di AiCC
.
Una vera e propria festa della ceramica, delle terre e dell’argilla attraverso tutta Italia. Ricchissimo e diversificato il programma degli eventi, più di 100, delle 37 città coinvolte, per ben 15 regioni della Penisola: mostre, concerti con strumenti musicali in ceramica, attività per bambini, animazioni, conferenze, forni e cotture all’aperto, spettacoli, degustazioni, laboratori, mostre-mercato, che coinvolgeranno diversi spazi dei centri storici e dei tanti atelier, laboratori, botteghe e musei a tema.

La kermesse, alla sua prima edizione, vuole far conoscere il mondo della ceramica artigianale e artistica italiana ad un pubblico il più ampio possibile. Scoprire le eccellenze dei musei e far provare l’esperienza del lavoro a bottega, godere tutta la suggestione della cottura nei forni e nelle fornaci e far vivere il fascino e la magia di assistere allo spettacolo dell’argilla che prende forma sul tornio.

Ariano Irpino (Avellino)

La creazione di oggetti solari.

Il ritrovamento di una fornace romana (località Figoli) e i frammenti ceramici datati dal periodo bizantino all’epoca angioina, testimoniano una tradizione ceramica molto antica. I lacerti del XIII e XIV secolo presentano analogie con la ceramica di derivazione islamica rinvenuta nella chiesa di San Lorenzo Maggiore a Napoli. Trattasi di manufatti non importati da paesi arabi, bensì prodotti nella Napoli sveva. Alcuni frammenti di vasellame provengono da coppe prodotte da ceramisti locali che applicavano l’antica tecnica greco-romana dell’invetriatura, perfezionata nell’area meridionale grazie al contatto con la cultura bizantina e quella islamica dopo la conquista della Spagna e della Sicilia.

Dal XIII secolo, ad Ariano è attiva una vera e propria corporazione di figulai. Gli abilissimi artigiani lavoravano e morivano nelle caverne ricavate dalla roccia di tufo e argilla. Intorno al 1421, Francesco Sforza, conte di Ariano e futuro duca di Milano, portò in città dei maestri faentini, per dare nuovo impulso alle manifatture locali.

Nel XIV secolo la produzione di ceramiche artistiche si lega al nome di tre maestri: Giovanni de Paulo de Milotta (o Bilotta), Vincenzo de Vitto e Vincenzo Marraffino. Ancora per tutto il Seicento risulta egemone nella produzione locale la famiglia dei Bilotta. Dal catasto napoleonico del 1813 veniamo a sapere che, a quel tempo, i ceramisti del paese superano ancora le venti unità. I successivi disastri naturali, che a poco a poco sgretolano la collina delle fornaci, contribuirono ad accelerare la crisi e la decadenza dell’artigianato ceramico, che ebbe una grave battuta di arresto alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso.

Alla fine degli anni Sessanta l’attività è stata ripresa con risultati significativi in campo nazionale e internazionale. In base a studi e ricerche gli artigiani arianesi hanno riproposto l’antica produzione nei colori nelle tipologie e nelle forme: si tratta degli “oggetti solari di Ariano”, come sono stati definiti, creazioni dove un nuovo linguaggio ha saputo mescolarsi in modo adeguato con gli antichi saperi. Dalle acquasantiere alle caponate, dalle mattonelle votive alle fiasche antropomorfe e zoomorfe, dalle fiasche a segreto (complesse nella struttura, fastosamente ornate di frutti, infiorescenze e figure rese ancor più eccentriche dai colori sgargianti), alle coppe a segreto (a forma di calice dal bordo traforato, divise da una sottile intelaiatura che permette la presenza di due liquidi contemporaneamente, riccamente decorate con tralci di foglioline stilizzate intervallati da linee spiraliformi), entrambe originali invenzioni e vero fiore all’occhiello della produzione arianese tra la fine del XVIII e la metà del XIX secolo. Alla base di questa nuova fioritura è bene ricordare il fondamentale lavoro dei ricercatori come Guido Donatone che nel 1976 pubblicava “Maiolica Popolare Campana”, nel 1980 “La maiolica di Ariano Irpino” e Gemma Furcolo Fiore con “Storia illustrata di Avellino e dell’Irpinia” (1996) e “L’antica Maiolica Popolare Di Ariano Irpino nel Museo Civico” (1998).

Il programma di Ariano Irpino

 

Cerreto Sannita

Tutti i colori dei maestri figulini.

I primi pezzi di ceramica arcaica di cui si ha conoscenza risalgono al XIV secolo e nella fattispecie si tratta di un’acquasantiera decorata con il profilo di S.Caterina con la ruota; un Presepe ed un’acquasantiera con ostensorio a tinta gialla del XV secolo; un’altra acquasantiera con l’immagine di Sant’Antonio Abate del XVI secolo; ceramiche con stemmi gentilizi, tra cui un piatto della badessa Mazzacane.

I primi decenni del Settecento rappresentarono il momento d‘oro della ceramica cerretese, con la rinascita delle antiche industrie e botteghe artigiane. Le botteghe figuline della nuova Cerreto furono volute dal feudatario dell’epoca Marzio Carafa. Una delle prime e più illustri fornaci fu quella che il maestro napoletano Nicolò Russo impiantò in casa del magnifico Francesco Mastracchio. A grandi maestri, come il già citato Russo e Giustiniani, si deve la nascita della Scuola delle Maioliche Cerretesi. Vere è proprie dinastie di ceramisti furono i Fraenza, i Festa, i Marchitto e i Di Leone le cui creazioni venivano esportate in tutto il Meridione. Consolidata ormai, l‘industria stovigliera, andavano nascendo nuove forme espressive della ceramica ed in particolare il gusto di concepire e accordare la maiolica in armonica consonanza con la decorazione plastica e la linea architettonica degli edifici.

L’arte figulina, a Cerreto, rivestì maggiore importanza tra il Seicento e il Settecento, epoca del vivace barocco napoletano. Nel Seicento la ceramica Cerretese è caratterizzata dall’influenza dei bianchi faentini oppure interpreta liberamente schemi d’arte in una scala cromatica che si articola dai gialli ai verdi ai blu zafferano, mentre, alla metà del Settecento, si afferma il chiaroscuro turchino, blu cobalto, soprattutto per i vasi da farmacia. Con l’avvento del rococò compaiono nelle ceramiche cerretesi vivaci accostamenti cromatici per i motivi a cineserie, floreali e di influenza francese e si afferma il monocromatismo bruno-paonazzo su smalto grigio.

L’ultimo momento della ceramica cerretese è contrassegnato da un ritorno all’imitazione antica, alla decorazione ad ornato neoclassico. Manufatti dell’ultimo periodo si trovano sui muri, nelle case, nelle Chiese, nelle ceramoteche. Volgendo l’Ottocento, poco a poco, le gloriose faenzere chiudevano i battenti per poi riaprirli solo agli inizi del 1970 quando nuovi e nostalgici maestri, rituffandosi nelle fonti originarie dell’arte figulina, riaccendevano quella suggestiva e valorosa avventura dell’arte meridionale che fu ed è la Ceramica Cerretese.

Il programma di Cerreto Sannita

 

San Lorenzello (Benevento)

Pignattari, Fajenzari e Pascellari.

Nel novembre 1988, in seguito a un’indagine di superficie effettuata per portare alla luce pavimenti ottocenteschi di edifici in ristrutturazione, nei pressi delle rive del torrente Titerno, furono ritrovati frammenti ceramici ben conservati nei colori ma con qualche imperfezione nelle forme. Si trattava di scarti di fornace risalenti al XVIII secolo che provenivano, come fu poi accertato, dalla cisterna di una “faenzera” sita in via Giustiniani e sottoposta a svuotamento proprio in quei giorni.

Le prime botteghe artigianali del XVIII secolo, della cui attività si ha testimonianza nel catasto onciario del 1754, risultano essere gestite da Angelo di Clemente (pignattaro), Simone Giustiniano (specializzato nella lavorazione di vasi di creta), Anastasio Festa, faenzaro, proprietario di una bottega con sei stanze in località “Ai pié della Terra”, dove lavorava insieme ai fratelli Marcello, Lorenzo e Guglielmo e che risultano essere fra i ceramisti laurentini dell’epoca più affermati economicamente. Nel centro del borgo erano anche le botteghe dei pascellari, specializzati nella manifattura di statue di ceramica per il presepe.

La produzione ceramica settecentesca comprendeva oggetti di sapore arcaico e popolare, ma anche pezzi da Pompa o da Parata “alla maniera di Fajenza”, che presentano, nella decorazione, temi di ispirazione religiosa, naturalistica, paesistica, allegorica, nei tipici colori: giallo intenso, verde ramino, arancio, manganese, nella gamma dal nero al bruno scuro. Ben conservato è un prezioso pannello realizzato da Antonio Giustiniano, firmato in latino, incastonato nel timpano del portale della Congrega di Maria S.S. della Sanità. La produzione comprendeva anche servizi da tavola (piatti, suppiere, vassoi, mesciroba) e albarelli da farmacia, medaglioni e tavolette maiolicate, acquasantiere e lavabi da sacrestia e, ancora, rinfrescatoi, fiasche, giare, boccali, anfore, orci, bacinelle e versatoi.

Dopo una prolungata decadenza, a metà del Novecento la tradizione ceramica rinasce grazie all’iniziativa del Maestro Guido Barbieri, seguito poi da altri figuli che hanno attirato l’interesse di studiosi e cultori persino dal Giappone.

L’attività ceramica è oggi ancora fiorente a San Lorenzello e sono numerosi gli artigiani figulini che continuano con grande maestria ed estro la gloriosa tradizione, attirando l’interesse di studiosi e cultori italiani e stranieri.

Il programma di San Lorenzello

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