“Mai coltivare la cultura del rancore. L’odio non fa funzionare la mente”. E’ questa la lezione-monito di David Meghnagi. Il dramma della Shoah tra “memoria e negazionismo” ha aperto la seconda giornata del Meeting le 2ue Culture in corso di svolgimento al centro di ricerche genetiche Biogem fino al 7 settembre. Introdotto dal direttore scientifico del campus arianese Mario De Felice, il professore di psicologia dell’Università di “Roma Tre” si è confrontato con Cosimo Risi, ambasciatore d’Italia a Berna.
“Il negazionismo – ha spiegato Meghnagi – non è un fatto recente. E’ parallelo al progetto di sterminio. I nazisti accompagnavano la loro attività negandola, a partire dal linguaggio con cui praticavano la distruzione. Un linguaggio che occulta la realtà. L’annientamento diventava “soluzione”, l’espressione traffico organizzativo indicava i trasferimenti verso la morte. C’erano le persone che avevano voglia di farsi ingannare ma anche quelli che erano ingannati e basta”. Meghnagi ha parlato del caso emblematico del ghetto di Terezin, in quella che è oggi la Repubblica Ceka, in cui furono internati artisti, intellettuali e soprattutto grandi musicisti delle cui opere Meghnagi si è a lungo occupato. Meghnagi sostiene che “il rapporto tra il male fatto e il tentativo di nasconderlo è strettissimo e indissolubile, rientra nella normalità del comportamento umano, in cui c’è il senso naturale della vergogna e della colpa. Vale anche per altri fatti storici come la tragedia degli armeni. Poi più di recente – osserva Meghnagi – è arrivata una nuova forma di negazionismo, attuato con un altro meccanismo: il diniego interpretativo. Che significa questo: Il fatto è avvenuto sì, ma lo si interpreta, lo si banalizza. E quanto accaduto anche per l’antisemitismo soprattutto rispetto alla questione mediorientale. Il diniego nasce dalla paura di chiamare le cose per nome. Quando c’è la paura di pensare scattano i dinieghi. I negazionisti non vogliono cancellare il passato. Il loro obiettivo – conclude Meghnagi – è il futuro”.
L’Ambasciatore Cosimo Risi ha sottolineato che è stata istituita la giornata della memoria e che in certe forme il negazionismo diventa reato e ha studiato le radici del fenomeno. “Negare l’olocausto – ha notato Risi – significa tentare di negare il mito fondante dello Stato di Israele: un’operazione di natura politica che consiste non nel criticare le politiche dello Stato di Israele, ma la sua stessa esistenza che si baserebbe per i negazionisti su una montatura”. Una visione non corretta secondo Risi che individua “Il mito fondante dello Stato di Israele nel sionismo socialista del diciannovesimo secolo, quando gli ebrei subivano “i pogrom”, le persecuzioni”. Persecuzioni che visse in prima persona Meghnagi, allora ragazzo. Risi ha ricordato anche le vicende storiche che avrebbero potuto portare l’ebreo più famoso del mondo, Albert Einstein, alla presidenza dello Stato di Israele. Ma così non fu. Meghnagi, riprendendo l’intervento di Paolo Mieli nella giornata di apertura del Meeting, ha detto che “non è un patto d’oblio a dare futuro ai popoli, ma un patto di speranza, perché senza la speranza gli uomini non possono vivere”.
Memoria e oblio è il filo conduttore della sesta edizione del Meeting le 2ue Culture, dedicato al dialogo tra cultura scientifica e umanistica. E di una straordinaria memoria, lunga 13 miliardi di anni, ha narrato nella sua lectio il fisico Antonio Ereditato dell’Università di Berna e direttore dell’Albert Einstein Centre.
Nella terza giornata del Meeting, venerdì 5 settembre, Marco Salvatore della Federico II risponderà al quesito è possibile “visualizzare la memoria?”. A seguire un tuffo nella letteratura con la relazione del prof. Enrico Malato (Federico II) su “la memoria di Dante” e l’atteso intervento del neurobiologo francese Jean Pierre Changeux dell’Institute Pasteur di Parigi.