Il nuovo decreto passa all’unanimità, ma arriva dopo una giornata tesa tra i partiti nella quale le posizioni sono rimaste quelle già emerse nei giorni scorsi. Pd, Forza Italia, Italia Viva e il ministro della Salute Roberto Speranza erano per per estendere l’obbligo vaccinale a tutti i lavoratori mentre sul fronte opposto si è ricreato l’asse Lega-Cinquestelle.
Al termine di un lungo confronto, iniziato prima nella cabina di regia e poi continuato nel Consiglio dei ministri, il premier Mario Draghi, che ha insistito molto sulle pressioni sulle strutture ospedaliere, ha trovato la sintesi che introduce, di fatto, l’obbligo vaccinale.
La mediazione di Mario Draghi
Mario Draghi prima ha imposto, contro la volontà della Lega, l’obbligo vaccinale per tutti gli italiani che hanno più di 50 anni. Secondo fonti di governo la scelta non sarebbe un “compromesso politico”, ma serve a ridurre le ospedalizzazioni, visto che sono proprio quelle le classi di età più ricorrenti nelle terapie intensive e nei reparti Covid.
Poi il premier ha avallato il compromesso che evita l’astensione dei ministri di Matteo Salvini: per accedere ai servizi alla persona – dai parrucchieri ed estetisti agli uffici pubblici, servizi bancari, postali e finanziari, nei centri commerciali e nei negozi, ad eccezione di quelli “necessari per assicurare il soddisfacimento di esigenze essenziali e primarie delle persone”, basterà il green pass base (quindi ottenibile anche con tampone) e non quello rafforzato, come era previsto dalla bozza del decreto.
C’è il compromesso, ma resta il malessere dei partiti: le stesse forze politiche riferiscono di un premier irritato per il braccio di ferro all’interno della maggioranza con i veti e le minacce. Le tensioni non cesseranno nel prossimo futuro, ora la partita si sposta in Parlamento dove il decreto legge varato dovrà essere convertito in piena partita per il Quirinale e l’obbligo vaccinale entrerà in vigore proprio dopo l’elezione del presidente della Repubblica. Per di più la richiesta di un nuovo dl ristori, venuta da più parti, potrebbe richiedere un altro scostamento di bilancio.
Vaccino obbligatorio
Fino al 15 giugno il vaccino sarà obbligatorio per tutti coloro che hanno compiuto 50 anni, con l’esenzione solo per chi ha un certificato medico. Chi è guarito, invece, dovrà vaccinarsi obbligatoriamente dopo 6 mesi. Per chi dovesse decidere comunque di non immunizzarsi è prevista una sanzione di 100 euro. Per i 50enni scatta anche un altro intervento: dal 15 febbraio si potrà andare al lavoro solo con il super green pass. Una misura che vale sia per il privato e il pubblico, compreso chi lavora in ambito giudiziario e i magistrati. La norma non si applica invece per gli avvocati difensori, i testimoni e le parti del processo.
Verifiche e sanzioni
Le verifiche spetteranno ai datori di lavoro e chi non ha il superpass sarà assente ingiustificato fino alla presentazione della certificazione, “con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro e senza conseguenze disciplinari”, ma con la sospensione dello stipendio e di qualunque “altro compenso o emolumento comunque denominato”. Le imprese potranno però sostituire chi non ha il pass rafforzato. In questo caso sono previste sanzioni: chi entra in un luogo di lavoro e non ha il super pass incorre in una sanzione erogata dal prefetto che va da 600 a 1.500 euro.
Smart working
Tornerà anche l’uso massiccio dello smart working: i ministri Brunetta e Orlando hanno firmato la circolare nella quale si sensibilizzano le amministrazioni pubbliche e i datori di lavoro privati a utilizzare pienamente lo strumento.
Scuola e didattica a distanza
Nel caso di covid nella scuola dell’infanzia, con un positivo si va in quarantena per 10 giorni mentre alle elementari, con un caso si applica la sorveglianza con test al primo e dopo cinque giorni mentre con 2 casi si resta a casa per 10 giorni. In medie e superiori, invece, con un caso si resta in classe (con l’autosorveglianza e l’utilizzo della Ffp2) mentre con 2 casi vanno in Dad per 10 giorni solo i non vaccinati e chi è guarito o vaccinato da più di quattro mesi senza aver fatto il booster. Con tre positivi, invece, tutta la classe è a casa per 10 giorni.
“È un intervento molto articolato che va incontro alle richieste delle Regioni – dice il ministro Bianchi – la scelta di fondo è che si trona ad una scuola in presenza e in sicurezza”. La decisione di distinguere tra vaccinati e non vaccinati in presenza di due positivi viene però criticata dal presidente dell’Associazione dei presidi Antonello Giannelli: “è una misura discriminatoria”.