Primo semestre difficile per il comparto calzaturiero italiano, fortemente provato dalla crisi pandemica: -34,9% il calo dell’indice Istat della produzione industriale e -36,3% il fatturato delle aziende secondo l’indagine condotta tra gli Associati. Lo stato del settore emerge dalla nota congiunturale elaborata dal Centro Studi Confindustria Moda per Assocalzaturifici, presentata a Micam, il Salone Internazionale della Calzatura in programma fino al 23 settembre 2020 a Fiera Milano Rho.
In Campania nel primo semestre 2020 le imprese (calzaturifici e produttori di parti di calzature) sono rimaste pressoché stabili (+3 aziende rispetto allo scorso dicembre, pari al +0,2%) e gli addetti diminuiti del -1,2% (-73). Sul fronte dell’export invece si registra una flessione del -33,7% sui primi 6 mesi 2019.
Sul quadro nazionale è intervenuto Siro Badon, Presidente di Assocalzaturifici: “L’emergenza sanitaria ha avuto pesanti ripercussioni sull’andamento del nostro comparto produttivo. Alla contrazione nei valori produttivi e del fatturato, dobbiamo registrare una decisa flessione sul fronte dei consumi interni e dell’export. La spesa delle famiglie è scesa del -30%, nonostante l’impennata degli acquisti online (+42%) dovuta alla chiusura dei negozi durante il lockdown. Anche l’export non sorride: -22% in quantità i mercati dell’Unione Europea, dove sono dirette 2 calzature su 3 vendute all’estero, e -33,4% quelli extra-UE, con un saldo commerciale, seppur in attivo per 1,6 miliardi di euro, fortemente ridimensionato (-34%). La ripartenza, dopo l’allentamento delle misure restrittive, procede a fatica: gli acquisti degli Italiani restano in frenata (-29% in quantità a maggio e -7% a giugno) e l’export, dopo il crollo del bimestre marzo-aprile (-50%), ha fatto segnare un -27% in volume nei due mesi successivi. Una congiuntura negativa anche sotto il punto di vista dell’impatto lavorativo con un decremento sia delle aziende (-77 da gennaio) che del numero di addetti (-520). Dati che suonano come un serio campanello d’allarme riguardo la tenuta occupazionale dei prossimi mesi. Il nostro sistema produttivo, composto perlopiù da realtà imprenditoriali di dimensione media e medio-piccola, è stato sottoposto ad una dura prova, avendo dovuto fare i conti con la carenza di liquidità indotta dalla cancellazione di ordinativi, dalle richieste di reso e dagli insoluti. Auspico quindi che questa edizione di Micam, tra le prime grandi manifestazioni in presenza dopo il lockdown, possa rappresentare davvero una boccata d’ossigeno per le nostre aziende. L’incontro in fiera rimane la più importante opportunità di sviluppo nel mercato e la via privilegiata per procedere alle contrattazioni di ordini”.
Sul versante estero, i dati Istat indicano per i primi 6 mesi dell’anno un arretramento complessivo dell’export del -26,4% in quantità e del -25,4% in valore. Sono stati esportati complessivamente 78,7 milioni di paia – operazioni di pura commercializzazione incluse – oltre 28 milioni in meno rispetto a gennaio-giugno 2019, per 3,8 miliardi di euro. Una situazione davvero emergenziale: basti pensare che tali volumi risultano inferiori del 24% a confronto con quelli raggiunti nei primi 6 mesi del 2009, cioè in piena crisi economica mondiale (quando furono esportati 104 milioni di paia). Cali generalizzati tra i mercati, con pochissime eccezioni: tra le principali destinazioni crescono in volume solo Polonia e Portogallo (che cede però l’11,4% in valore); la Corea del Sud segna un +0,6% in valore, con un -4,6% in quantità. Il segno meno prevale ovunque. La Germania, prima per volumi, che già presentava trend negativo nel 2019, perde il 17%, sia nelle paia che in valore. Pesanti le flessioni dei flussi verso Cina e Hong Kong (-31,4% e -44,1% in valore rispettivamente); il Far East perde nell’insieme circa il 30%, sia in quantità che valore. Sensibile arretramento sui mercati della CSI (-37% in volume e -30% in valore); male gli USA (cali prossimi al -40%) e il Medio Oriente (-26% in quantità). Si riducono di circa un quarto i volumi diretti verso la Svizzera (tradizionale hub logistico-distributivo delle grandi griffe internazionali del lusso) e di un terzo quelli verso la Francia (altra destinazione privilegiata del terzismo), ai primi due posti nella graduatoria per valore.
L’esame per tipologia merceologica evidenzia arretramenti superiori al 20% in volume per tutti i comparti, tranne quello residuale delle calzature con tomaio in gomma (-1%): flessione di poco superiore al -30% per le scarpe in pelle (con riduzioni di uguale intensità, -34%, per i segmenti uomo e donna e un -30% per il bambino); -23%, sempre in quantità, per le calzature in tessuto; -21% per quelle in sintetico; -38% infine per le pantofole.
A livello territoriale (dati riferiti a calzature+parti e disponibili solo in valore) si registrano nel primo semestre decrementi significativi per tutte le principali regioni esportatrici, con la sola eccezione dell’Emilia Romagna (+20%), trainata da Piacenza, polo logistico distributivo in costante crescita negli anni recenti e di fondamentale rilevanza anche nelle spedizioni di acquisti online. Le flessioni più marcate hanno interessato la Toscana (-44%), le Marche (scese del -32,5%, con Fermo e Macerata -31% e Ascoli Piceno -39%) e la Campania (-34%). Arretramento in linea con la media nazionale per la Lombardia (-25,1%) e di qualche punto più sotto per Veneto (-20,2%, prima in graduatoria con una quota del 27,4% sul totale export Italia valore), Puglia (-22,2%) e Piemonte (-20,9%). Firenze guida sempre la classifica delle province esportatrici malgrado un calo del -43,7% sulla prima metà 2019.
Per quanto riguarda la natalità delle imprese e l’occupazione, il report evidenzia come a luglio il 10% delle imprese avesse ancora personale in smart working. A fine giugno 2020, con riferimento ai calzaturifici, si contavano in Italia 4.249 aziende e 74.370 addetti, tra industria e artigianato (con saldi pari a -77 aziende e -520 addetti su dicembre 2019). Considerando anche la componentistica, i saldi negativi su fine 2019, secondo Infocamere-Movimprese, salirebbero a -161 aziende e -1.295 addetti.
In netto rialzo il ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni nella Filiera Pelle: complessivamente, nel primo semestre, un totale di poco inferiore a 39 milioni di ore, +878%, rispetto ai 4 milioni di gennaio-giugno 2019. Quasi 5 volte il numero di ore concesse nell’intero 2019 (lo scorso anno erano state infatti autorizzate 8,3 milioni di ore, da gennaio a dicembre).