«Fermocolle». Questo è il titolo dato al libro di Marco di Meola, giovane scrittore sannita, già autore di «Ora di aria», una raccolta di poesie edita da «Il filo», che lui stesso presentò nel 2006.
Oggi, invece, a curare il testo postumo, sono Rosanna Fappiano e la professoressa Gioconda Fappiano, insieme ad amici e parenti di Marco, che rompendo un muro di silenzio hanno deciso di ritrovarsi per raccontare agli altri, pubblicamente, il narratore e il giovane uomo attraverso i suoi testi.
«Fermocolle» è il blog che Marco aveva e tuttora possiede grazie alla collaborazione di Roberto Parente, che continua a mantenerlo in vita. Da qualche mese, questo diario online, fatto di poesie, testi in prosa e dialoghi è divenuto un libro vero e proprio.
Presentato già lo scorso dicembre, presso la «Fondazione Gerardino Romano», a Telese Terme, il libro sarà nuovamente descritto, letto e discusso in un incontro letterario organizzato presso «Masserie Masella», a Cerreto Sannita, venerdì 18 gennaio, alle ore 19. L’appuntamento sarà moderato dal giornalista Francesco Trotta e vedrà gli interventi di Felice Casucci, Flavio Ignelzi e Gioconda Fappiano.
L’opera nasce con l’intento di «restituire alla letteratura, ciò che appartiene alla letteratura», così come afferma il professore Casucci, critico letterario e scrittore, che definisce Marco un vero e proprio letterato esaltandone in particolare i racconti brevi, carichi di forza espressiva e originalità unite a temi citazionistici nei quali riecheggiano le innumerevoli letture di Marco. Il tutto è sempre rielaborato con toni lirici e musicalità.
Il libro si presenta diviso in tre parti. Nella prima, dedicata alla produzione poetica, emerge la forma di comunicazione scritta che il Di Meola prediligeva. Marco nasce come poeta assetato di parole, alla ricerca di vocali e verbi nascosti, con la speranza che siano “falde d’acqua e non di fango”. Lo dichiara egli stesso nel calligramma che fa da copertina all’intero volume: un profilo in cui Marco disegna se stesso e si presenta come un poeta “rabdomante” alla ricerca dell’acqua-poesia, fonte di vita e di purezza.
Per Marco, la poesia non rappresentava solo un attimo d’intensa ispirazione, bensì essa era una vera propria forma d’arte fatta di precise regole stilistiche. “La libertà gode nella gabbia metrica” era questa una delle sue frasi che spesso ripeteva agli amici, tra cui Dino il quale ricorda Marco come un giovane dispensatore di cultura contemporaneamente propenso all’apprendimento, al confronto, ai ragionamenti sulla vita, sulle delusioni, sulle gioie ed amarezze.
“La produzione poetica posta all’inizio del libro presenta rimbalzi di ricordi, suggestioni e brividi” suggerisce Gioconda Fappiano, autrice della prefazione del volume. La Fappiano sottolinea una grande capacità di Marco, ossia di riuscire a sintetizzare nei suoi scritti classicismo e modernità. Non mancano, infatti, temi tipici della tradizione letteraria, anche trecentesca, quale il “saluto alla donna”, topos dantesco. Tra i versi, si ritrovano acrostici, giochi di parole che rappresentano la vivacità dello scrittore e la sua attenzione verso l’uso delle parole giuste, un’abilità che purtroppo non sempre gli intellettuali contemporanei dimostrano. Molto presente nei versi di Marco è la condanna del mondo attuale, in cui stentava a ritrovare grazia e gentilezza, due valori imprescindibili per lui, giovane “dotato di una maturità spiccata e sensibilità esponenziale”, come dichiara sempre la Fappiano.
E Marco sorprende anche nei testi in prosa, in quei racconti perlopiù ambientati in un mondo rurale, fatto di colori tenui, di umili e veri ideali francescani che rimandano alla profonda religiosità di Marco. E’ una società spesso indifferente quella che Marco descrive, fatta di gente che indossa maschere pirandelliane e piega le schiene ossequiose dinanzi ai più “potenti”, dimentichi della propria “dignità”di cittadini. Lo scrittore prova intolleranza verso la il mondo odierno, fatto di “vuoto di morti viventi”, caratterizzato dal rapido spopolamento della provincia che vede andar via le nuove generazioni. Negli ambienti descritti nei racconti, talvolta, sembra esserci poco spazio per i colori accesi della gioventù ed a prevalere sono i toni pastello, più spenti, tipici della vecchiaia.
La terza parte del libro è riservata ai “dialoghi”, talvolta monologhi, a cui Marco era tanto dedito nella vita personale. Le conversazioni vertono su temi quotidiani, parlano di aneddoti vissuti o immaginati. A dialogare tra loro sono un giovane uomo simile ad un elfo, che simboleggia la leggerezza, la poesia, l’ironia ed una donna-amazzone, figura femminile con una mentalità più scientifica e pragmatica, forte e risoluta. Tra i vari argomenti trattati, non può mancare l’amore; quello non ricambiato e non compreso, l’amore caduco come la vita terrena, l’amore come esperienza totalizzante. E ancora l’amicizia, la famiglia, il ruolo dei genitori. In “Fermocolle” è concentrato tutto il tempo che Marco ha vissuto; il suo tempo; quel tempo che ha voluto vivere.
Ilaria Sebastianelli