I Misteri del Venerdì Santo di Lapio.

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I Misteri del Venerdì Santo a Lapio sono la manifestazione di una fede d’altri tempi, testimonianza di un sentimento semplice, che aveva bisogno di espressioni che andavano al di là della consueta funzione religiosa.

Verso gli anni settanta del XVIII secolo, la confraternita della Madonna della Neve, ispirata ai vari episodi della Passione e Morte di Cristo e mossa da profonda devozione, commissionò ad un artista che ci rimane ignoto, l’esecuzione delle Ventidue “tavolate” facendo creare a Napoli i simulacri in cartapesta, comprendenti le 85 statue dei Misteri raffiguranti i personaggi e gli eventi più significativi del dramma umano-divino che ha coinvolto il Figlio di Dio.
Esse vengono esposte nella Chiesa Madre del paese il sabato antecedente la Domenica delle Palme, per poi venire esposte lungo le vie del paese il giorno del Venerdì Santo, accompagnando la solenne processione di Gesù morto e la Madonna Addolorata.

LA STORIA – In passato le tavolate venivano fatte sfilare in processione per le strade del paese, partendo dal castello, ad una ad una, portate a spalla con l’ausilio delle forcine dai devoti di Lapio. La chiesa della Madonna della Neve, con la sua confraternita, è stata per Lapio un centro di cultura e di emancipazione, capace di mantenere viva una grande tradizione grazie ai suoi “priori” ed alle sue “banche”, facendo esprimere in forma esuberante e coinvolgente, le profonde radici cristiane del nostro Paese.

Questa giornata era per i lapiani la più importante dell’anno, oggi il mondo meccanicistico e la corsa verso un futuro incerto, con il pensiero rivolto solo all’aspetto economico, a fatto scemare l’importanza di questa giornata nel cuore di buona parte dei lapiani, ( sono oramai ben pochi coloro che collaborano affinché questa tradizione venga conservata nel tempo).

Il giovedì mattina i confratelli facenti parte dell’organizzazione andavano a fare la “questua” per le contrade. Era uso donare qualche “misura” di grano, di granone, di fagioli o di cicerchie, poiché quelle erano le possibilità, ma il dono era fatto con amore, specialmente da chi possedeva ben poco.
Alle 10,00 si attaccavano le campane di tutte le chiese del paese.
La sera nella chiesa matrice si rappresentava, la cerimonia della lavanda dei piedi e dell’ultima cena.
Gesù Morto veniva fatto uscire dalla chiesa di San Giuseppe e in corteo si procedeva lentamente per un percorso lungo e tortuoso per arrivare poi alla chiesa Matrice, dove si recitavano “i Misteri”
A tarda sera due banditori percorrevano le stradine del paese annunciando il prossimo avverarsi del dramma della Passione con un breve suono di tamburo e tromba, somigliante al disperato appello della madre alla ricerca angosciosa del figlio.

Alle prime luce dell’alba del Venerdì Santo i due banditori ripetevano il giro.
Verso le nove un confratello portando una lunga croce blù, (ricordo la sua lunga barba cresciuta per l’occasione , veniva dalla Svizzera appositamente) accompagnato dai banditori, annunciava l’uscita della prima tavolata accompagnandola sino a piazza S. Antonio, dove, di fronte alla chiesa del Loreto, veniva eretto un palco dal quale il predicatore di turno, un prete o un monaco, commentava una ad una le singole “tavolate” che gli sfilavano dinanzi e subito dopo venivano esposte lungo via Carmine. Intorno alle 11,00, dopo aver effettuato l’offerta più favorevole alla confraternita per portare a spalla il Cristo morto e l”Addolorata, con le tavolate avanti, si andava tutti in processione.

Le donne affiancando il Cristo e l’Addolorata camminavano scalze con grossi ceri tra le mani.

Le immacolatine vestite allo stesso modo della Vergine Addolorata in assoluto silenzio, con le mani giunte in segno di preghiera, seguendo il Cristo morto anticipavano la Vergine Addolorata.

Arrivati al corso Umberto si deponeva il corpo del Cristo in un sepolcro allestito per l’occasione presso abitazioni private, e si interrompeva la processione, da un palco un altro predicatore commentava di nuovo una ad una le singole “tavolate” che gli sfilavano avanti, e le stesse subito dopo venivano portate al deposito sotto la Chiesa della Madonna della Neve.
Alle 16,00 riprendeva la processione lasciando il corpo del Cristo dentro il sepolcro allestito per l’occasione.
Le tavolate venivano portati a spalla con l’aiuto di apposite forcine alle quali si appoggiavano di tanto in tanto per consentire ai portatori di prendere fiato, come compenso a tale lavoro veniva offerto ad ogni partecipante alla funzione una forma di pane bianco (a pagnotta), regalo gratificante ed ambito in un’epoca in cui solo qualche famiglia fortunata poteva consentirsi una agiata condizione di vita.
Erano tempi diversi dai nostri, tali che nemmeno la fantasia più accesa riuscirebbe ad immaginare.
Era una vera e propria gara, prima che ancor facesse giorno, davanti alla chiesa si faceva la fila per chi doveva portare in spalla la tavolata dei dodici apostoli, la più pesante di tutte, ma l’unica che assicurava ai portatori due forme di pane.
Col cambiare dei tempi, i Misteri vennero portati in processione sui trattori, il rito comunque si ripeteva sempre uguale negli anni, ed è forse questo il motivo che lasciava intatta alla cerimonia quella carica emotiva.
Era una giornata di digiuno totale, qualcuno mangiava solo del baccalà in bianco, oggi invece si mangia di tutto, a parte qualche anziano che rispetta la tradizione, i Misteri non vengono più portati in processione ma esposti, secondo l’ordine di sequenza della scena, lungo piazza Filangieri.
La aspettano, fermi e taciturni, l’arrivo in processione del Cristo Morto, steso nudo sul sudario, seguito dalle Immacolatine e dalla Vergine Addolorata.
La processione prosegue poi per le strade del paese, ma senza i Misteri.
A fine giornata i Misteri fanno ritorno nei depositi della chiesa e se ne stanno ammucchiati come in letargo, per riprendere nuova vita nella successiva ricorrenza di Pasqua.

Il presento testo è tratto da www.lapio.org 

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