La musica balcanica incontra quella araba con Moni Ovadia sabato 30 all’Auditorium Sant’Agostino di Benevento.

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Manca ormai pochissimo all’eccezionale appuntamento con Moni Ovadia, protagonista con l’ensemble Rom Arab Beat, del concerto, Il Magreb incontra i Balcani, evento atteso dal pubblico dell’Auditorium Sant’Agostino di Benevento, per sabato 30 aprile alle ore 20, all’interno della Stagione Concertistica 2022, proposta da Accademia di Santa Sofia in sinergia con l’Università degli Studi del Sannio, sotto la direzione artistica di Filippo Zigante e Marcella Parziale e la consulenza scientifica di Massimo Squillante, Marcello Rotili e Aglaia McClintock.

Al concerto è abbinata l’iniziativa filantropica “La scuola della pace”, progetto della Comunità di Sant’Egidio Benevento, volto a fornire aiuti concreti ai bambini del quartiere cittadino di Santa Maria degli Angeli, per l’integrazione e l’inserimento scolastico. Il ricavato dei biglietti, acquistabili a un prezzo simbolico di 10 euro, sarà interamente devoluto alla causa benefica. Per l’acquisto del biglietto ci si può rivolgere dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 17.00 alle 20.00, alla biglietteria All Net Service, Lungocalore Manfredi di Svevia n°25, Benevento, tel. 0824 42711.

Il preludio di presentazione al concerto dal titolo Arte della scienza: omaggio a Moni Ovadia, sarà curato dall’ economista Emiliano Brancaccio.

Moni Ovadia, per chi ancora non lo conoscesse, è un poliedrico uomo di teatro, attore, regista e musicista italiano, maestro delle orazioni civili, un artista che alterna premi a lauree honoris causa e riconoscimenti per l’impegno civile. Considerato uno dei più prestigiosi e popolari uomini di cultura e artisti della scena italiana. Vero faro e guida etica e stilistica per generazioni di artisti, intellettuali, attori e drammaturghi amanti del Teatro di Narrazione, quella straordinaria modalità espressiva che negli anni Novanta del secolo scorso visse una meravigliosa età dell’oro, una formidabile stagione di rinnovamento e riscrittura, che  fece “scuola”, proprio grazie all’impegno di fuoriclasse come Moni Ovadia, Marco Paolini, Marco Baliani, e poi Gabriele Vacis, Laura Curino e Eugenio Allegri.

Ma il teatro musicale di Moni Ovadia, ispirato alla cultura yiddish, che ha contribuito a far conoscere e di cui ha dato una lettura contemporanea, è unico nel suo genere, in Italia e in Europa. Sempre costante nel suo impegno politico e civile a sostegno dei diritti e della pace, è inoltre antispecista e vegetariano per scelta etica da decenni.

Nasce a Plovdiv in Bulgaria nel 1946, da una famiglia ebraico-sefardita che alla fine degli anni Quaranta si trasferisce a Milano. Ha dichiarato «Essere un profugo, uno straniero è stato fondamentale per la costruzione dell’identità».

Dopo gli studi universitari e una laurea in scienze politiche avvia la sua carriera d’artista come ricercatore, cantante e interprete di musica etnica e popolare di vari paesi. Nel 1984 comincia il suo percorso di avvicinamento al teatro, con artisti della scena internazionale, come Bolek Polivka, Tadeusz Kantor, Franco Parenti.

Decide poi di proporsi come ideatore, regista, attore e capocomico di un “teatro musicale” assolutamente peculiare, dove rivela la sua forma espressiva più congeniale, in cui le precedenti esperienze si innestano alla sua vena di straordinario intrattenitore, oratore e umorista. Filo conduttore dei suoi spettacoli e della sua vastissima produzione discografica e letteraria è la tradizione composita e sfaccettata, il “vagabondaggio culturale e reale” proprio del popolo ebraico, di cui si sente figlio e rappresentante, quell’immersione continua in lingue e suoni diversi ereditati da una cultura che le dittature e le ideologie totalitarie del Novecento avrebbero voluto cancellare, e di cui si fa memoria per il futuro.

Nel 1972 fonda il Gruppo Folk Internazionale, dedicandosi allo studio della musica tradizionale in particolare dell’area balcanica. Nel 1978 il gruppo cambia struttura e diventa Ensemble Havadià.

Nel 1987, per il Festival Internazionale di Cultura Ebraica, è protagonista dello spettacolo Dalla sabbia dal tempo scritto e diretto da Mara Cantoni.

Nel 1990 fonda la Theater Orchestra. I suoi spettacoli di teatro musicale in forma di cabaret, mescolano abilmente musica klezmer, cultura yiddish e witz, il tradizionale umorismo ebraico.

Con  Oylem Goylem (Il mondo è scemo) del 1993, osannato dalla critica, arriva all’attenzione del grande pubblico. La lingua, la musica e la cultura yiddish, un miscuglio di tedesco, ebraico, polacco, russo, ucraino e romeno, e poi la condizione universale dell’Ebreo Errante, il suo essere senza patria sempre e comunque, sono i temi  al centro di uno spettacolo che “sa di steppe e di retrobotteghe, di strade e di sinagoghe”, ciò che Moni Ovadia chiama “il suono dell’esilio, la musica della dispersione, della diaspora “.

Nel 1994 inizia il sodalizio artistico con Roberto Andò debuttando nell’opera multimediale Frammenti sull’Apocalisse.

Sempre con Mara Cantoni nel 1995 da vita a Dybbuk, spettacolo sull’Olocausto accolto come uno degli eventi più importanti della stagione.

Arrivano poi: Ballata di fine millennio (1996), Il caso Kafka (1997); Trieste… ebrei e dintorni (1998), Joss Rakover si rivolge a Dio (1999), Il banchiere errante (2001), Il violinista sul tetto (2002), L’armata a cavallo (2003). Del 2005 è lo spettacolo Es iz Amerike!, un viaggio teatralmusicale sull’epopea ebraica nella cultura e nello show biz statunitense. Seguono, tra gli altri, Le storie del signor Keuner di Brecht (2006) e Oltre i confini. Ebrei e zingari (2009).

Nel 2013 propone lo spettacolo “Adesso Odessa” ispirato dai “Racconti di Odessa” di Isaac Babel’, in cui lo scrittore, ebreo sovietico descrive la Napoli del Mar Nero: una città caotica, cosmopolita, malavitosa ma al contempo una metropoli passionale, conturbante, sfrontata. I brani musicali sono eseguiti da grandi solisti classici di fama internazionale come il violinista odessita Pavel Vernikov, la violinista moscovita Svetlana Makarova e il pianista di Kyïv Pavel Kachnov.

Moni Ovadia è un “intellettuale multiforme e colto, dall’eloquio affilato e a tratti incendiario e intransigente” una figura di riferimento, anche per le giovani generazioni, per coerenza e onestà intellettuale. Ma la sua vita è sempre stata fatta di studio e ricerca anche su se stesso. Racconta che quando conobbe la moglie, ora costumista di molti suoi spettacoli, si era appena “definito”  come persona (dopo otto anni di analisi, quattro giorni a settimana, per le crisi d’ansia) ma anche teatralmente con l’esperienza di Oylem Goylem. E lei aggiunge – Di notte stava sveglio a studiare il greco e il russo, all’alba andava a dormire e ricompariva a metà pomeriggio -. (Monica Carbini)

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