Diritto di lavorare, diritto a un compenso equo, diritto alle tutele di welfare (“ammalarsi, fare figli”), diritto di poter andare in pensione, stessi diritti delle attività imprenditoriali, diritto a un prelievo fiscale e contributivo sostenibile, diritto ad un credito accessibile, diritto ad essere parte attiva del tessuto economico, diritto di difendere i propri interessi, diritto di contribuire allo sviluppo del Paese.
E’ il decalogo di quanto negato a free lance ed autonomi in Italia, oltre 3 milioni e mezzo di persone pronte a mobilitarsi al grido (con tanto di hastag) #Noneunpaeseperprofessionisti, che da oggi hanno come freccia al proprio arco anche l’unione fra i vertici di associazioni di rappresentanza, Confprofessioni, Confassociazioni, Colap, Alta Partecipazione ed Acta, che hanno presentato un Manifesto in Senato, per puntare i riflettori sulla propria difficile condizione. Ad aprire i lavori Gaetano Stella, presidente di Confprofessioni, lamentando come “i problemi del lavoro autonomo vengano ritenuti, spesso, dalla politica meno meritevoli di quelli del lavoro subordinato”.
Eppure, ha aggiunto, i redditi calano (le Casse previdenziali private “attestano discese che, in alcuni settori, arrivano anche al 30% in pochi anni”, ha chiarito il sindacalista), ma la “fase di attacco” da parte delle Istituzioni non si arresta. Angelo Deaiana, al vertice di Confassociazioni, ha ricordato il contenuto degli emendamenti approvati nella notte al Decreto Milleproroghe sul blocco dell’aumento dell’aliquota della Gestione separata Inps, puntualizzando come le associazioni debbano rammentare che, in simili battaglie a seguito di confronti parlamentari, “uniti si vince”.
Emiliana Alessandrucci (Colap) rivolgendosi ai colleghi, si è detta fiduciosa anche per il restyling del regime dei minimi, visto che “la crisi ci ha dato l’opportunità, come oggi, di sederci ad uno stesso tavolo” per vantare i medesimi diritti a beneficio dei liberi professionisti, in Italia. E ha continuato: “La vessazione fiscale non aiuta a far emergere le false Partite Iva, ma ammazza quelle vere. Soprattutto se ad aprirle sono i giovani”. (ANSA)