Mi sono appena svegliata dopo una notte da incubo, quella d’argento dei 25 anni di nozze con la musica di Vinicio Capossela, quella che tutti aspettavano.
Di tutto ciò che ho visto e provato ringrazio solo la gente, coloro che come me hanno accettato con sorprendente tranquillità le file interminabili: per entrare, per andare in bagno (solo 4 gabinetti chimici per molto più di 10 persone, che sarebbe stato il numero giusto), per conquistare il ticket per il panino e il bicchiere di birra, e poi per prendere il benedetto panino e l’agognato bicchiere di birra.
Totale 4 file da 40 minuti l’una, se andava bene. E il concerto? L’ho visto nelle foto. Eh già, perché in mezzo alla gente, per chi è di altezza non stratosferica, non si riusciva a vedere a stento che il viso di chi suonava sul palco, se stava in piedi. Eh già perché invece il bellissimo Psarantonis e l’ensamble cretese, lo Zeus olimpico, seduto sul proscenio con la lira cretese, strumento interessantissimo, non si è potuto che sentirlo. Sentirlo? Beh, anche i suoni in verità lasciavano a desiderare.
I bassi che coprivano tutto, le voci “sparavano”, un’amplificazione da festa di paese.
Insomma uno spettacolo inguardabile e inascoltabile, pur avendo pagato dai 10 alla bellezza di quasi 20 euro con il biglietto on line (18,50 per l’esattezza). E non è finita. Quando qualcuno ha deciso di andar via, verso mezzanotte (eh già, ne avevano abbastanza), la via di uscita dal parcheggio era bloccata. Da chi? Dall’ambulanza. Che ha affermato di non potersi spostare fino alla fine del concerto, perché quella era l’unica via di fuga. Avremmo dovuto parcheggiare più avanti. Già, però quella era anche l’unica via di uscita, e quando la gente è arrivata, verso le 18,30, non c’era nessuna ambulanza e nessun avviso.
Qualcuno ha chiamato i carabinieri per risolvere la situazione, ma il maresciallo arriva, dà ragione all’ambulanza e se ne va. E allora? Tutti bloccati là fino alla fine del concerto, perché l’ambulanza “Mater Misericordiae” non poteva spostarsi di 300 metri? Ma stiamo scherzando? No, ci dice il conducente dell’ambulanza. Potete fare il giro per Cairano. E che strada devo fare, chiede un signore, per andare sull’Ofantina? Noi dobbiamo arrivare a Foggia. Ah questo non lo so, risponde secco il conducente dell’ambulanza, problema vostro, mettete il navigatore.
Per fortuna dei ragazzi che stavano andando via hanno gentilmente offerto di fare strada verso la montagna. E così la carovana ex-caposseliana (2 automobili, alle quali poi se ne è aggiunta un’altra) è salita su a Cairano, il paese dei coppoloni, per una strada (l’unica) che definire dissestata è un’eufemismo, forse ancora conseguenza del terremoto del 1980 (ma i fondi per la ricostruzione che fine hanno fatto?), non illuminata e con una pendenza tale che qualche automobile più “anziana” non ce la faceva.
Se non fosse stato per i ragazzi che ci guidavano, e stavolta parlo in prima persona, su quella strada all’una di notte, avremmo sbagliato almeno due volte il bivio, per sentire il navigatore. Totale, una 20ina di chilometri in più per scavalcare la montagna e rimettersi sulla strada. Per non far spostare l’ambulanza di 300 metri.
Colpe dell’organizzazione dello Sponz Fest, del comune di Conza che ha organizzato la sicurezza? Non si aspettava tanta gente? Tutto da accertare. Ma di certo è che è stato un incubo, la ciliegina sulla torta di una notte di nozze che sarebbe potuta essere molto diversa.
Rosa Affatato, Foggia
Gazzetta di Avellino è naturalmente pronta, con lo spirito che la contraddistingue, ad accogliere eventuali repliche da parte dell’organizzazione dello Sponz Festival, del Comune di Conza, e delle altre istituzioni coinvolte.