in collaborazione con FrodiAlimentari.it
L’olio extravergine di oliva italiano è, insieme al formaggio e al vino, il prodotto più contraffatto a livello internazionale, oltre ad essere quello più soggetto a scandali. Negli ultimi 3 anni numerosi gli scandali che lo hanno visto protagonista : dall’articolo del New York Times sulle attività illecite fra USA e Italia, all’olio deodorato, fino alle irregolarità su 6 noti marchi di olio italiano ( che di italiano avevano solo il nome ). Molteplici quindi le perplessità e le “paure” che stanno serpeggiando in questi ultimi giorni, dopo che alcune associazioni di categoria hanno lanciato l’allarme sulle potenziali contraffazioni ed irregolarità a causa della scarsa produzione dell’annata 2016.
Secondo la Coldiretti infatti, la produzione italiana del 2016 è sufficiente solo per 6 mesi, con numerosi problemi sui costi e con possibili rincari dei prezzi oltre all’introduzione nel mercato di olio straniero. Si stima una riduzione di circa del 38% della produzione.
Per cercare di fare un po’ di chiarezza e tranquillizzare anche il consumatore abbiamo chiesto all’EurpoParlamentare Nicola Caputo (Deputato del Parlamento europeo del Partito Democratico dal 1 luglio 2014. Membro effettivo della Commissione per l’Agricoltura e lo Sviluppo rurale (AGRI) e membro sostituto della Commissione per l’Ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare (ENVI)) di rispondere ad alcuni quesiti.
Di seguito l’intervista
- Il 2016 secondo alcune associazioni di categoria sarà ricordato come un anno nefasto per il settore olivicolo, non solo per la carenza produttiva ma anche per l’attacco da parte dei mercati esteri al nostro olio extravergine di oliva, quanto c’è di vero?
Per la campagna di raccolta appena iniziata si prevede una resa di circa 300 migliaia di tonnellate, in calo del 37% rispetto allo scorso anno. Tuttavia bisogna ricordare che è fisiologica un’annata in calo dopo il raccolto abbondante della scorsa campagna e sottolineare che l’Italia rimane comunque il secondo produttore mondiale dopo la Spagna e prima della Grecia.
A soffrire è stata soprattutto la produzione delle regioni del Sud Italia che hanno dovuto fare anche i conti con la mosca olearia, parassita che attacca gli olivi. Per la Puglia, primo produttore in Italia di olio e sulla quale incombe ancora l’emergenza Xylella, si stima una produzione in calo del 40%. Perdite ancora maggiori per la Sicilia e la Campania che crolla.
La penuria produttiva attesa quest’anno porterà naturalmente a un sensibile aumento dei prezzi e purtroppo anche all’aumento delle frodi. Con la carenza di olio italiano aumentano infatti i rischi di inganni circa l’origine del prodotto.
- Come l’UE tutela il mercato italiano?
Nel mercato dell’UE qualità, autenticità e commercializzazione dell’olio d’oliva sono disciplinate e tutelate da due regolamenti principali: il regolamento (CEE) n. 2568/91 della Commissione, che definisce le caratteristiche chimiche e organolettiche dell’olio d’oliva e i metodi per valutarle, e il regolamento di esecuzione (UE) n. 29/2012 che stabilisce le norme di commercializzazione specifiche per il commercio al dettaglio degli oli di oliva.
Per quanto riguarda la tutela dei produttori italiani di olio di oliva, l’UE offre agli Stati membri che lo ritengono necessario la possibilità di introdurre nei rispettivi programmi di sviluppo rurale misure di sostegno alla gestione dei rischi, tra cui contratti assicurativi e fondi di mutualizzazione che possono essere attivati in caso di eventi climatici avversi, fitopatie e infestazioni parassitarie. Per compensare drastici cali di reddito, l’UE permette anche agli Stati membri di valutare l’eventualità di programmare lo strumento di stabilizzazione del reddito.
- Molto controversa è piena di lungaggini è stata la proposta fatta dall’Italia sulla legge a tutela dell’EVO poi detta del tappo antirabbocco, divenuta legge comunitaria 2013-bis (articolo 18, legge 161/2014), quali i motivi di queste lungaggini? Quale l’apporto dell’Italia?
In Europa, solo l’Italia, il Portogallo e la Spagna hanno deciso di abbandonare le vecchie oliere per lasciare il posto alle bottiglie di olio d’oliva con il tappo antirabbocco.
Nell’UE infatti, ogni Stato membro può introdurre su base volontaria il tappo antirabbocco per l’olio d’oliva e le sanzioni per chi non rispetta le regole. Una decisione presa nel 2013 dopo che la Commissione europea – attaccata duramente da Gran Bretagna, Germania e Paesi Bassi – decise di gettare la spugna e fare retromarcia sull’operazione qualità per l’olio d’oliva.
A tal proposito, penso che la Commissione europea abbia sbagliato a fare marcia indietro sulla proposta. Se la normativa europea fosse entrata in vigore in tutti gli Stati membri si sarebbero ottenuti risultati significativi sia sulla protezione del consumatore, che sui consumi.
La legge comunitaria 2013-bis, approvata dal Parlamento italiano, introduce l’obbligo del tappo antirabbocco per i contenitori di olio extra vergine di oliva serviti in tutti i pubblici esercizi. Dal 23 novembre 2014, le oliere messe a disposizione dei consumatori negli esercizi di somministrazione (bar, mense, ristoranti e pizzerie) devono obbligatoriamente essere dotate di etichette conformi alla normativa e di tappo anti rabbocco. Pertanto, non è più consentito l’utilizzo di oliere anonime o di bottiglie prive del sistema di protezione, pena pesanti sanzioni, da mille a otto mila euro, e confisca del prodotto.
Bisogna ricordare che una bottiglia d’olio extravergine su 6 in Italia finisce sui tavoli di trattorie, ristoranti e bar ed è necessario chiarirne l’origine, per garantire chiarezza e trasparenza ai cittadini e per tutelare i produttori da falsi e sofisticazioni che scippano ogni anno al Made in Italy agroalimentare 1,1 miliardi di euro. Con la legge comunitaria 2013-bis si mette quindi fine in Italia alle oliere anonime spesso riempite chissà quante volte, magari spacciando per extravergine un prodotto di basso livello. Viene garantita qualità, autenticità e origine dell’olio messo a disposizione del consumatore finale, ma si protegge anche la sua salute.
- Quali sono i futuri passi che l’UE sta portando avanti per la sicurezza alimentare e per la tutela delle produzioni tipiche dei paesi?
Al recente Forum di Cernobbio della Coldiretti, al quale ho partecipato, è stata presentata la classifica dei cibi più pericolosi, dalle nocciole turche alle arachidi dalla Cina, dalle spezie indiane al pesce vietnamita, contenenti aflatossine cancerogene, pesticidi oltre i limiti, con problemi da infezioni microbiologiche o presenza di pericolosi livelli di metalli pesanti. Dinanzi a questa situazione non c’è più tempo da perdere e occorre rendere finalmente pubblici i flussi commerciali delle materie prime provenienti dall’estero per far conoscere anche ai consumatori europei i nomi delle aziende che usano ingredienti stranieri. Anche grazie ai miei input sia in commissione AGRI che ENVI, la Commissione europea ha finalmente deciso di portare avanti questa linea che, spero, potrà concretizzarsi in un provvedimento comunitario nei prossimi mesi.