Rapporto Eurispes: superare la sindrome del Palio, passare dal contro al per e trasformare la nostra potenza in energia.

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l43-eurispes-presidente-fara-140130132624_bigL’invidia è il vizio che blocca l’Italia. Una vera e propria sindrome che l’Eurispes definisce “sindrome del Palio” che non ci permette di trasformare la nostra potenza in energia.

“L’Italia – spiega il Presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara – è infatti rallentata da una diffusa e radicata sindrome del Palio di Siena la cui regola principale è quella di impedire all’avversario di vincere, prima ancora di impegnarsi a vincere in prima persona. Sempre senese era l’anima nel XIII Canto che dice a Dante: «Fui molto più lieta delle sfortuna altrui che della mia fortuna».

L’invidia e la gelosia, se volte in positivo, diventano il propellente indispensabile alla crescita e allo sviluppo. Stimolano la concorrenza nel mercato privato; spingono a comportamenti più virtuosi, apprezzabili e spendibili sul piano del ruolo e dell’immagine, nel pubblico. Di fatto, nel nostro Paese ciò non accade. Invidia e gelosia si traducono in rancore e denigrazione. Odiamo e denigriamo il nostro vicino più bravo e, invece di impegnarci per raggiungere risultati migliori e superarlo in creatività, efficienza e capacità, spendiamo le nostre migliori energie per combatterlo, per mortificarne i successi, per ostacolarne o addirittura bloccarne il cammino. Insomma un vero e proprio “spreco di potenza”, una filosofia del contro invece che del per”.

“Altri due ganci, secondo il Presidente dell’Eurispes, continuano a frenare l’Italia e ad impedirle di valorizzare al meglio le proprie enormi risorse. Il primo, la burocrazia e la iperproduzione di norme, leggi e disposizioni. Un freno che trattiene la crescita e mortifica spesso la volontà e l’ingegno degli spiriti migliori. La paranoia regolativa ha ormai raggiunto livelli insopportabili e mentre da una parte si costituiscono e si insediano commissioni per la semplificazione o per la riduzione o l’eliminazione di leggi ritenute superate od obsolete, dall’altra si continua, come in una gara, a produrne di nuove che si intrecciano, si accavallano, si contraddicono con quelle già esistenti. In un Paese nel quale la pressione fiscale ha raggiunto livelli insostenibili, il prezzo pagato al “disbrigo” delle pratiche burocratiche diventa un ulteriore balzello, risorse sottratte allo sviluppo e alla crescita delle imprese, valutabili in diversi miliardi di euro l’anno. Sorte migliore non tocca ai cittadini”.

“In questo senso – sottolinea Fara – l’Italia è un paese prigioniero. Prigioniero delle Istituzioni, della burocrazia e delle carte. Un sistema siffatto scoraggia la libera iniziativa, mortifica le imprese, annichilisce i cittadini ed è incapace di mantenere i ritmi e i tempi che la modernità richiede e impone. Weber definiva la burocrazia “spirito coagulato”, si tratta quindi di “sciogliere” questo coagulo per evitare forme di arroccamento e di isolamento che producono separatezza e distanza da coloro che dovrebbero essere i primi e diretti beneficiari del lavoro svolto dalla burocrazia e cioè i cittadini.

Il secondo aspetto  riguarda la incapacità della società italiana di “fare sistema”. Non più la società liquida descritta da Bauman, ma una società “evanescente” nella quale ognuno pensa a se stesso e che non riesce ad elaborare un progetto complessivo. Sembra che il nostro Paese faccia di tutto per negare il proprio valore e che a noi manchino il gusto e il piacere di sentirci italiani, sottovalutando e non facendo gran conto né di quelle prerogative nelle quali non siamo inferiori agli altri né di quei concittadini che abbiano conseguito risultati di eccellenza”.

“Secondo diversi indicatori nazionali e internazionali – prosegue il Presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara – la crisi che ha segnato gli ultimi dieci anni della vita del nostro Paese sembra – almeno per ciò che riguarda l’economia – giunta al termine di un percorso che, comunque, lascia dietro di sé cumuli di macerie e che ha provocato profonde trasformazioni negli assetti sociali, territoriali, produttivi ed economici nazionali.

Rimangono ancora aperte e irrisolte la crisi del sistema politico-istituzionale e quella sociale. Ma, mentre la prima pare avviata a soluzione, la seconda è in pieno svolgimento e la soluzione sembra ancora lontana poiché nel corso degli anni non se ne sono comprese la vera natura, la profondità e l’ampiezza della portata. Si sono sottovalutati gli effetti che la recessione e le politiche adottate per combatterla hanno prodotto: la messa in discussione delle tradizionali certezze, il blocco della mobilità sociale, l’impoverimento di ampi strati della popolazione e soprattutto dei ceti medi, la concentrazione della ricchezza in un numero sempre più esiguo di soggetti, la caduta della qualità dei servizi, il progressivo smantellamento del welfare, la consegna al limbo di intere generazioni di giovani, l’abbandono del Mezzogiorno, la crescita della pressione fiscale diventata ormai insostenibile, e tanto altro ancora.

E tuttavia, il Paese non è la morta gora che alcuni spesso strumentalmente descrivono. E bisogna prendere atto che finalmente qualcosa comincia a muoversi e che al tradizionale piangersi addosso per l’accanimento del “destino cinico e baro”, spesso straniero e talvolta tedesco, viene opposta una forte volontà di reagire per cercare di uscire dal pantano nel quale questo lungo periodo di crisi ci ha costretti”.

“Non c’è dubbio che il Presidente del Consiglio si sia assegnato un compito difficile: quello di rimettere in moto un Paese in declino. Oggi, con la consapevolezza delle difficoltà e della gravità della situazione, è maturato il desiderio di reagire e di individuare soluzioni credibili e durature. D’altra parte – conclude il Presidente dell’Eurispes – nessuna malattia può essere curata senza una cosciente presa d’atto delle sue cause e dei suoi percorsi. Ma, nello stesso tempo, nessun medico potrà mai guarire un ammalato che non reagisca o che non voglia guarire. Il compito che Renzi si è assegnato è quindi quello di stimolare nel corpo sociale “l’appetizione” che Kant definiva proprio come la volontà cosciente di guarire dalla malattia. E lo fa cercando di risvegliare la consapevolezza di sé degli italiani, stimolando la ripresa di orgoglio del Paese, usando argomenti, temi e immagini graditi ad un popolo stanco di sentirsi bacchettare dal burocrate teutonico di turno. Renzi non ha, come altri nel recente passato, la pretesa pedagogica di liberare gli italiani dai loro vizi ma, più praticamente, cerca di esaltarne e valorizzarne i pregi e le potenzialità, offrendo loro un orizzonte gradito, liberatorio e motivante.

Il Rapporto Italia di quest’anno indica chiaramente che i segnali di una ripresa ci sono e non sono solo economici. Non ricompattare attorno a quest’onda positiva il Paese sarebbe imperdonabile.

La complessità non ammette sconti e ci sfida in una partita nuova nella quale si vince solo se si è capaci di giocare in squadra”.

Un futuro per l’Italia

“Sono tre i contesti internazionali – sottolinea il Presidente dell’Eurispes – nei quali il Paese sarà chiamato a dispiegare le sue migliori capacità: l’Europa, il Mediterraneo e la latitudine Est-Ovest.

In primo luogo in Europa il ruolo dell’Italia – paese fondatore e ispiratore del disegno pacifista unitario – è quello di esprimere l’anima latina del Continente e affermarne le preminenti ragioni. Il nostro Paese è anche portatore, nelle donne e negli uomini che si applicano alla politica estera e nei servizi di Intelligence, di una grande energia creatrice: la mediazione. Il Paese di Guicciardini e di Machiavelli, la Penisola invasa da Sud e da Nord, da Est e da Ovest, ha sviluppato, nei secoli, il talento dei saggi: la mediazione, appunto. Mediazione è capacità di comprensione dell’alterità, di conciliazione degli opposti. È la “forza tranquilla” di lunga durata che si oppone alla irrazionale violenza esplosiva. È pensiero preposto al parlare. È la sintesi, filosofica e antropologica, delle anime dell’uomo. È, in sostanza, un’arte per pochi.

Troppi anni e tanti insuccessi hanno, ormai, certificato la inadeguatezza dell’approccio calvinista-protestante alla sfide del “dopo Muro”: non è con la ferrea applicazione di regole e processi che si affronta la complessità e l’indeterminatezza degli eventi e l’altezza delle sfide. In tempi di caos e frattali di fisica quantistica e migrazioni di popoli, solo la raffinata arte della mediazione potrà portarci oltre la siepe dei problemi attuali.

Sia chiaro: l’Europa ha anima latina (e cristiana) e non sassone, né slava né altro. O l’Europa saprà essere latina o non sarà. E si tratta anche di evitare che l’Europa assuma come proprie le derive che alimentano la politica di alcuni paesi che, entrati nell’Unione con il cappello in mano e grazie alla benevolenza e all’aiuto anche nostro, riscoprono antiche vocazioni reazionarie e cercano di farla da padroni”.

In secondo luogo, nel Mediterraneo noi italiani siamo, probabilmente, i soli a poter svolgere credibilmente quel ruolo di mediazione che solo può e potrà scongiurare il dilagare di conflittualità multietniche e policulturali. A differenza di altri nostri cugini latini, come i francesi e gli spagnoli, che hanno spesso condiviso il nostro destino storico-mediterraneo, noi – spiega il Presidente Fara – non esercitiamo un approccio colonizzatore, vetero o tardo imperialista forse, semplicemente, perché non ne siamo mai stati capaci.

E, infine, in terzo luogo, la latitudine Est-Ovest. La strada fatta verso Ovest dagli emigranti italiani approdati a Ellis Island e verso Est dagli artisti, dagli artigiani e dagli architetti italiani chiamati da Pietro il Grande a edificare San Pietroburgo e più tardi la costruzione di Togliattigrad da parte della Fiat ci ha collocati, lì nel mezzo, quali credibili e affidabili interpreti delle opposte ragioni. E per questo dobbiamo sostenere quella tradizione di mediazione Est-Ovest che può consentire all’Europa il mantenimento di un reale equilibrio latitudinale. E ciò non si raggiunge certo con l’ostracismo e le sanzioni”.

Chi dovrebbe “fare sistema”? Chi dovrebbe gestire la complessità? Chi dovrebbe elaborare strategie? Chi dovrebbe produrre senso ed orientamento? Per noi, la risposta è chiara. Sta alla classe dirigente generale, e alla politica in particolare, conclude il Presidente dell’Eurispes, raccogliere e valorizzare tutte le idee, le esperienze, la potenzialità che la società, spesso anche confusamente, esprime; metterle a sistema e, nello stesso tempo, elaborare progetti e strategie e soprattutto immaginare e disegnare il futuro del Paese.

Quello che vediamo emergere nel Paese in questo 2016 di passione, stretto tra guerra mediterranea e crisi asiatica, elezioni comunali e riforme istituzionali, è una nuova, forte e pressante domanda di politica. Una politica più leaderista che partitica, più itinerante (Roma, Mosca, Bruxelles, Washington, Pechino) che stanziale, più comunicativa che annunciatrice, alla quale molto o tutto sarà concesso purché sia sostenuta da una trasparente onestà personale”.

Queste alcune delle indicazioni che emergono dal Rapporto Italia 2016, edito da Minerva Edizioni. Il Rapporto, presentato alle Autorità e alla stampa, presso la Sala Conferenze della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, è stato costruito attorno a 6 dicotomie, illustrate attraverso altrettanti saggi accompagnati da 60 schede fenomenologiche:

 

Programmazione/Improvvisazione • Fragilità/Solidità• Libertà/Necessità

Io/Noi• Menzogna/Verità• Religiosità/Secolarizzazione

Segnali di ripresa dall’Italia del 2016: aumentano gli ottimisti sull’andamento dell’economia

Raddoppia il numero di chi ritiene stabile la situazione economica dell’Italia nel corso dell’anno appena passato (dal 14,6% di inizio 2015 al 30,3% del 2016), si dimezza il valore di chi indica un netto (dal 58,4% al 23,3%) peggioramento. Aumentano gli ottimisti che indicano un lieve (dall’1,5% al 16,2%) o un netto miglioramento (dall’0,0% all’1,1%).

In sintesi, si evidenzia una ripresa della fiducia generale e il lento abbandono del clima di forte pessimismo che ha caratterizzato gli ultimi anni. Il 2016 sembra riproporre lo stesso andamento registrato, appena prima dell’inizio della crisi, nel 2007, anno in cui il giudizio dei cittadini si mitigava particolarmente all’interno del periodo 2004-2007 e indicava nel complesso una Garamond”,”serif”; color:#3B3B3B”>visione stabile dell’economia.

Previsioni per il futuro dell’economia: meno pessimismo (-28,4%), più fiducia (+10,1%)

Il 47,3% degli italiani (+13,4% rispetto al 2015) indica per il 2016 una sostanziale stabilità economica del Paese. Il 14,7% (+10,1% rispetto al 2015) è convinto che la situazione migliorerà nel corso di quest’anno. In parallelo si dimezza la quota di quanti prevedono un futuro peggioramento (dal 55,7% al 27,3%; -28,4%).

La situazione economica delle famiglie: si inizia a respirare

In controtendenza rispetto alla rilevazione del 2015 ad indicare un forte o lieve peggioramento della propria situazione economica è il 40,7% (-36%); il 12,3% (+9,4%) ha constatato un aumento delle proprie risorse, mentre sale dal 18,5% del 2015 al 43,8% del 2016 il numero di chi  indica una situazione di stabilità.

La gestione della quotidianità diventa meno critica

La difficoltà nel fare fronte alle spese e alle esigenze quotidiane mostra segni di regressione rispetto alla rilevazione del 2015. Il 27,3% non riesce con le proprie entrate ad arrivare alla fine del mese (-19,9% rispetto al 2015). Il 44,5% (-18,3% rispetto al 2015) riferisce che la propria famiglia è costretta a utilizzare i risparmi per arrivare a fine mese. In parallelo, aumenta la quota di chi riesce a risparmiare qualcosa (dal 14,8% al 25,8%; +11%) e diminuisce quella di chi ha difficoltà a pagare le spese dei trasporti (dal 34,4% al 25,7%). Oltre un italiano su tre, il 34,3% (-6,6% rispetto al 2015) fa fatica ad affrontare le spese mediche. Tra quanti hanno attivato un mutuo, il 37,3% non riesce a saldare le rate e il 40% di chi è in affitto è in difficoltà con il canone.

La ripresa del potere di acquisto

Con una diminuzione di 18,4 punti rispetto al dato (71,5%) rilevato ad inizio 2015 la perdita del proprio potere d’acquisto rimane comunque una realtà ad inizio 2016 per più della metà dei cittadini, il 53,1% (un forte calo indicato nel 13,4% dei casi, meno marcato invece nel 39,7%). Nel 2015 ad indicare “poco” o “per niente” diminuita la capacità a far fronte a spese e acquisti per mezzo delle proprie entrate erano solo il 28,5% mentre nel 2016 il dato volge in positivo (46,8%).

Ripartono i consumi, anche quelli superflui

Le risorse destinate ai regali vengono tagliate nel 75,3% dei casi (-6,8% rispetto al 2015). Si riduce il numero di chi: risparmia sui pasti fuori casa (66,2%; -14,6%); si rivolge a punti più economici come grandi magazzini, mercatini, outlet (76%; -8,5%) o discount (63,2%; -7,7%); cambia marca di un prodotto alimentare se più conveniente (68%; – 13,7%); risparmia su viaggi e vacanze (67%; -7,7%), estetista/parrucchiere (65,9%; -14,8%) o articoli tecnologici (69,4%; -10,7%); usa di più i mezzi pubblici per risparmiare sulla benzina (39,4%; -2,2%) o si rivolge al mercato dell’usato (29,3%; -14,9%). È diminuita anche la quota di chi avendo animali domestici ha risparmiato sulle spese a loro dedicate (25,9%; -23,6%); in calo i tagli sulle spese per la baby sitter (48,2%; – 5,3%), quelli per aiuto nelle pulizie/domestici (37,2%; -23,6%); mentre il 37,8% ha ridotto le spese relative alla badante. Ad aumentare invece è il taglio delle spese mediche che nel 2016 raggiunge quota 34,2%, contro il 32,3% del 2015.

Benvenuti nella sharing economy

In un’ottica di riduzione dei costi, nell’ultimo anno l’11,1% ha utilizzato servizi di car sharing. Ancora basso (8,1%) il numero di chi ha utilizzato servizi di bike sharing o ha fatto ricorso (10,4%) al ride sharing (ad esempio tramite Blablacar). Alcuni hanno sperimentato l’home sharing (4,6%) scambiando casa o ospitalità. Il 13% ha condiviso libri (bookcrossing) e il 5,1% ha condiviso un ufficio o un ambiente di lavoro con altre persone mantenendo attività separate (coworking).

Lieve ripresa dei pagamenti a rate

Negli ultimi dodici mesi ha fatto ricorso a pagamenti rateizzati nel tempo per fare acquisti il 37,6% del campione (32,4% nel 2015). Probabilmente, una parte degli italiani sta lentamente ritrovando la possibilità, e il coraggio, di acquistare ed il pagamento rateizzato rappresenta un supporto utile a molti in questa fase.

I prestiti bancari richiesti soprattutto per comprare casa (42,6%) e pagare debiti (36,3%)

Molti tra chi ha chiesto un prestito bancario negli ultimi tre anni (32,5%) lo ha ottenuto (24,9%, contro il 7,6%) e lo hanno utilizzato per  l’acquisto della casa (42,6%), per pagare debiti accumulati (36,3%), per saldare i prestiti contratti con altre banche/finanziarie (29,7%), per affrontare le spese per cerimonie (18,4%) e cure mediche (19,8%).

Un Paese, tre Pil

I dati più recenti mostrano che in Italia il fenomeno del sommerso è estremamente diffuso, tanto da essere spesso definito “di massa”, confermando una stima che l’Eurispes produsse negli anni scorsi secondo la quale l’Italia ha tre Pil: uno ufficiale di circa 1.500 mld di euro; uno sommerso equivalente a circa un terzo di quello ufficiale, ovvero almeno 540 mld; e uno criminale ben superiore a 200 mld. Ai circa 540 mld di sommerso indicati corrisponderebbe, considerando una tassazione di circa il 50%, la somma di 270 mld di evasione. D’altra parte, una buona fetta è considerato “sommerso da sopravvivenza” nel quale parti importanti della società hanno teso a rifugiarsi a causa della crisi economica.

Il ricorso al “nero” e il doppio lavoro

Nell’indagine dell’Eurispes di quest’anno è stato chiesto di indicare, secondo la propria esperienza personale, quali sono le categorie che più spesso lavorano senza contratto oppure senza emettere fatturazione. Le tre categorie maggiormente indicate sono: nell’80% dei casi i baby sitter, nel 78,7% gli insegnanti di ripetizioni, nel 72,5% i collaboratori domestici. A seguire badanti (67,3%), giardinieri (62,7%), muratori (60,2%), idraulici (59,8%), elettricisti (57%), falegnami (56,4%) e medici specialisti (50%).

Nell’ultimo anno invece è capitato al 28,1% del campione di lavorare senza contratto (contro il 18,6% del 2015). Una condizione incontrata da oltre il 50% di chi è in cerca di primo lavoro e di nuova occupazione, dal 29,6% degli studenti, dal 22,4% delle casalinghe e dal 13,8% dei pensionati, ma soprattutto dall’83,3% dei cassintegrati. La quota di chi invece ha svolto un doppio lavoro, nel corso dell’ultimo anno, è del 21% (19,3% ad inizio 2015). In questo caso non sempre si può parlare di lavoro in nero, ma più spesso di “doppio-lavoristi”.

Usura, rifugiarsi nel gioco e rivolgersi alla Caritas: alcuni indicatori di disagio

In aumento la percentuale di chi dichiara di avere esperienza di amici o parenti a cui è capitato di chiedere denaro in prestito ad un usuraio (16,9%, +6); ricorrere alla Caritas o ad altre associazioni per disporre di aiuto (22,9%, +2,7); perdere importanti somme di denaro al gioco (28,7%, +13,4).

Il focus sul Mezzogiorno

Nel Mezzogiorno un particolare disagio emerge tra gli abitanti delle Isole rispetto a quelli del Sud, ma anche rispetto a quelli delle altre regioni del Paese: i primi infatti indicano un peggioramento della propria situazione economica nel 66,5% dei casi, mentre il dato del Sud si attesta su valori quasi dimezzati (34,6%). Anche un calo del proprio potere d’acquisto è indicato più dalle famiglie delle Isole (75,8%) che da quelle del Sud (50,3%). Ancora nelle Isole il 70,5% è costretto a utilizzare i risparmi per arrivare a fine mese e solo il 29,5% vi arriva senza eccessive difficoltà. Oltre la metà di chi ha acceso un mutuo (56,5%) ha difficoltà a pagare le rate, percentuale che si mantiene sotto il 40% per le altre aree geografiche del Paese (37,5% al Sud). Situazione analoga per la capacità di far fronte alle spese di locazione, inadempibili per il 52,8% degli isolani (al Sud invece non riesce a pagare l’affitto il 35,8%). Allo stesso modo le spese per i trasporti (47,7% ) e quelle mediche (58,4%) rappresentano uno scoglio particolarmente arduo per le Isole contrariamente di quanto avviene al Sud (19,2% e 28,6%).

Un Ministero per il Mezzogiorno

La maggioranza degli italiani (54,7%) è favorevole all’istituzione temporanea di un apposito Ministero per il Sud per rilanciare il territorio, equilibrare le differenze economiche tra il Nord e il Sud del Paese e, infine, monitorare le risorse stanziate dal Governo. Più di un italiano su cinque (26,4%) reputa non necessario aggravare la spesa pubblica di un’ulteriore voce per istituire un organo inutile e solo il 7,7% non ravvede nella quesitone meridionale un’effettiva priorità per il Paese.

Cittadini e Istituzioni: qualcosa sta cambiando

La distanza tra cittadini e Istituzioni si sta accorciando: nel 2015 un aumento del consenso riposto nelle Istituzioni toccava solamente il 2,4% della popolazione, mentre il 2016 vede crescere i consensi al 7,5%. Un dato indicativo se letto parallelamente al grado di sfiducia che si abbassa da un anno all’altro del 22,7% (dal 69,4% al 46,7%).

Mattarella, un primo bilancio positivo

Il gradimento espresso nei confronti del nuovo Presidente delle Repubblica, Sergio Matterella, dopo un anno dal suo insediamento, arriva al 52%. Un risultato inatteso, soprattutto se letto e confrontato con il consenso espresso lo scorso anno nei confronti della figura di Napolitano, Presidente della Repubblica uscente (45,3%).

Governo, un’inversione di rotta

Quanti ripongono la propria fiducia nel nostro Governo passano infatti dal 18,9% del 2015 al 28,6% di quest’anno (quasi tre su dieci) aumentando di quasi 10 punti percentuali. A seguito di una caduta verso il basso della fiducia risposta dai cittadini nei confronti dei diversi Governi negli ultimi anni, oggi possiamo dire che la tendenza è quella di un ritorno ai migliori risultati registrati appena prima del manifestarsi della crisi. Tra le novità introdotte dal Governo quella dell’ipotesi di riduzione dell’ires e quella di abolizione dell’imu raccolgono ampi consensi, superiori anche al dato sulla fiducia (rispettivamente 53,4% e 58,6%), insieme all’accorpamento della Forestale nei Carabinieri per razionalizzare la spesa pubblica (43,5%, rispetto al 33% dei contrari).

Parlamento in crescita. Stallo per la Magistratura

Mentre il Parlamento torna a crescere in termini di consensi abbandonando il dato mortificante del 2015 (10,1%) e arriva al 20%, la Magistratura è bloccata al 35,3% dei fiduciosi.

Le Forze dell’ordine: un faro per gli italiani

L’Arma dei Carabinieri ha vissuto nel 2014 un ridimensionamento dei livelli di apprezzamento da parte dei cittadini con un dato al ribasso (69,9%) rispetto alla media ottenuta dal 2010 in poi. Lo scorso anno l’Arma si è quindi riposizionata su risultati superiori al 70% (73,4%) e quest’anno torna a crescere con il 74% di quanti accordano la propria fiducia.

La fiducia nella Polizia di Stato ha visto una crescita lenta e constante nel periodo che va dal 2008 al 2013, anno in cui la fiducia dei cittadini arrivava al 75%. L’anno successivo questa preferenza diminuiva in modo importante fino al 61,8%. Già nel 2015 però si registrava una lieve ripresa (63%) che si è tradotta quest’anno (complice presumibilmente anche una comunicazione più vicina ai cittadini grazie all’uso di Web e Social) ad un ritorno verso le migliori performance degli anni precedenti e un aumento di ben 10 punti percentuali (73%).

La Guardia di Finanza mantiene lo stesso buon risultato di consensi raggiunto l’anno passato (66,8%).

Il Corpo forestale segna nel 2016 con un risultato in aumento rispetto allo scorso anno: il 70,1% dei consensi (+5,5%). Stabilità sostanziale anche per la Polizia penitenziaria che passa dal 57,8% al 57,1% della fiducia espressa.

Amatissima… Difesa

Si tengono salde su posizioni di fiducia consolidata anche le Forze Armate. L’Esercito Italiano, in particolare, allarga la platea dei consensi passando dal 59,3% della fiducia nel 2014 al 68,4% nel 2015 fino al dato di quest’anno del 72,9% (+4,5%).

Crescono i già altissimi traguardi raggiunti negli scorsi anni dall’Aeronautica Militare che raccoglie nel 2016 il 74,9% dei consensi con un aumento rispetto al 2014 di 9,7 punti. La Marina Militare raccoglie ulteriori consensi rispetto all’ottimo risultato dello scorso anno (73,5%) e si attesta al 75,4%.

C’è bisogno di… Intelligence

Con la legge n.124/2007 la nostra Intelligence si è rinnovata. In questi anni, anche grazie all’applicazione della riforma, l’Intelligence è uscita dal cono d’ombra, si è fatta conoscere, anche promuovendo iniziative sul territorio nazionale, per il lavoro fondamentale che mette in campo per la protezione dell’Italia, dei suoi cittadini e degli assets strategici del sistema Paese. Già nella rilevazione effettuata nel 2015 emergeva con chiarezza il largo consenso raccolto presso i cittadini, che si dichiaravano fiduciosi nel 62% dei casi. Un ulteriore passo in avanti è stato registrato quest’anno con il 64% della fiducia accordata.

Le altre istituzioni: nessuna cresce in termini di consensi, tranne le confessioni religiose diverse da quella cattolica

Il Volontariato nonostante un calo di 5 punti del grado di fiducia è comunque sempre amatissimo (73,8%). Le Associazioni dei consumatori raccolgono il 49,5% della fiducia (-5,7), le Associazioni di imprenditori il 32,3% (-1,9%), la Chiesa il 52,5% (-10,1%), i Partiti politici solo l’11,9%, la Pubblica amministrazione il 22,6% (-4,3%), la Scuola il 53% (-9,1% ), i Sindacati il 21,4% (-12,5%)

la Protezione civile il 64,6% (-5,7%). Le “altre Confessioni religiose” passano dal 18,4% della fiducia nel 2015 al 22,7% nel 2016.

Trasferirsi all’estero? Avendone l’occasione…

Volendo tracciare un ipotetico identikit dell’italiano disposto a trasferirsi in un altro paese (il 47,1%) sarebbe un uomo (48,4%), di età compresa tra 18 e 24 anni (66,3%), residente nel Nord del Paese (53%) o nelle Isole (52,3%), in possesso di una laurea o un master (50,1%), senza matrimoni o convivenze in essere (60%) o single (57,7%), cassintegrato (75%), in cerca di occupazione (66%) o studente (61,7%). Questo italiano-tipo disposto a cambiare paese sceglierebbe l’Australia come nuovo paese d’adozione (17%), in cerca di una migliore situazione lavorativa (50,9%), pur continuando a pensare che vivere in Italia è in ogni caso una fortuna (71,9%).

Un buen retiro

Il 41,6% degli italiani sogna, una volta raggiunta la pensione, di trasferirsi all’estero per godersi il meritato relax. Un fenomeno in crescita in ultimi questi anni in cui i paesi con un costo della vita inferiore al nostro hanno accolto numerosi italiani in pensione e con la voglia di cambiar vita. D’altra parte però la maggioranza (58,4%) non ha mai preso in considerazione questa opzione.

Olimpiadi: secondo gli italiani un’opportunità

Complici i primi segnali di ripresa e una maggiore stabilità politica, l’Italia ha deciso di tentare l’impresa di ospitare i Giochi Olimpici del 2024. I favorevoli alla candidatura sono la maggioranza (58,4%). In particolare il 35,1% perché sarebbe una splendida vetrina internazionale per Roma e l’Italia, il 16,2% perché sarebbe un’ottima opportunità economica per il Paese, il 7,1% perché sarebbe l’occasione per riscattare la nostra immagine nel mondo.

Terrorismo: si sta diffondendo lo stereotipo “medio-orientale=terrorista”

Il 23,3% degli italiani ha modificato le proprie abitudini quotidiane a seguito delle minacce provenienti dall’integralismo islamico. Il 17% limita le proprie uscite nei luoghi affollati e il 16% evita di utilizzare i mezzi pubblici. Un italiano su quattro, il 20,1%, preferisce non frequentare stazioni e aeroporti. Ben il 39,8% si trova a guardare con sospetto le persone dai tratti medio-orientali.

Temi e valori etici: tra aperture e chiusure

Favorevole alla tutela giuridica delle coppie di fatto indipendentemente dal sesso il 67,6% degli italiani (erano il 64,4% nel 2015). La possibilità di adottare bambini per le coppie omosessuali raccoglie solo il 29% dei consensi (27,8% nel 2015). Calano i favorevoli all’utero in affitto: dal 49,8% al 38,5% del 2016. In aumento del 7% l’indicazione sulla possibilità di contrarre matrimonio tra persone dello stesso sesso (47,8%). L’eutanasia incontra il favore del 60% degli italiani (+4,8% rispetto al 2015), mentre il 70% è contrario al suicidio assistito (+3,5% rispetto al 2015). In ascesa il favore accordato al testamento biologico (dal 67,5% al 71,6% del 2016), e quello alla pillola abortiva RU-486 (dal 58,1% al 61,3%). Il 78,8% è favorevole all’utilizzo delle cellule staminali. Sull’ipotesi di legalizzare l’hashish e la marjuana i favorevoli sono il 47,1% (33% nel 2015). La legalizzazione della prostituzione perde consensi, dal 65,5% al 57,7% del 2016.

Tra dogmi, etica e 8 per mille

Il 50,1% degli italiani non è d’accordo con l’ammissibilità alla Santa Comunione per i divorziati e i rispostati civilmente. Sono più aperti invece sulla questione del mantenimento del celibato (il 51,6% non è favorevole) e sulla possibilità per le donne di dire Messa (il 50,7% è d’accordo). Mal tollerato dai cittadini è il finanziamento alla Chiesa Cattolica attraverso la misura dell’otto per mille (55,4%, contro il 36,4% dei favorevoli).

Il 40,6% è convinto che la Chiesa interferisca più di quanto dovrebbe su questioni etiche come aborto, eutanasia, fecondazione assistita, omosessualità, ecc. Al contrario il 35,2% ritiene che la Chiesa intervenga nella giusta misura e solo l’8,9% pensa che lo faccia meno di quanto dovrebbe. Il 37,1% ritiene che la Chiesa intervenga in maniera eccessiva anche rispetto alle questioni socio-politiche come scuola pubblica/privata, politiche economiche, ecc, mentre il 31% reputa appropriata la presenza della Chiesa nel dibattito. Il 14,6% auspicherebbe, invece, una maggiore presa di posizione da parte della Santa Sede.

Papa Francesco ha avuto la capacità di ridare slancio alla Chiesa (81,6%), ma calano i consensi

Garamond”,”serif”; color:#3B3B3B”>Se nel 2014 e nel 2015 la percentuale di chi dava al nuovo Papa il merito di aver ridato slancio alla Chiesa si attestava rispettivamente all’87,1% e all’89,6%, nel 2016 scende all’81,6%. Un calo dovuto forse anche alla sensibilità e all’apertura mostrate verso le questioni etiche e morali, che hanno in qualche modo allontanato la parte più conservatrice dei fedeli. È la semplicità (26%) la caratteristica più spesso rintracciata come fattore che ha consentito al Papa di raccogliere apprezzamento anche tra i non credenti; seguono nelle indicazioni “il coraggio di dire cose scomode” (18,1%) e la “volontà di rinnovare la Chiesa” (11,3%).

Il nostro è ancora un paese cattolico, ma solo uno su quattro è praticante

Garamond”,”serif”; color:#3B3B3B”>Il 71,1% degli italiani si dichiara cattolico credente ma solo il 25,4% è praticante. Partecipa più volte alla settimana alla Santa Messa solo il 5,3% dei cattolici, vi si reca ogni domenica il 20,5%, il 14,8% si limita a una frequenza di una o due volte al mese. Il 31% va in Chiesa per le principali festività religiose e il 21,1% solo in occasione di battesimi, comunioni, cresime, funerali, ecc. Recitare il rosario è una consuetudine solo per un cattolico su cinque (20,6%) e confessarsi solo per il 27,2%, il 31,4% partecipa alle iniziative benefiche organizzate dalla propria parrocchia. I fedeli conferiscono maggior importanza al battesimo (87,9%), al secondo posto si trova il matrimonio (84,2%), seguito dall’eucarestia (78,2%), dalla cresima (77,2%) e dalla confessione (64,4%). Il 75,2% crede nella vita dopo la morte, il 73,2% ai miracoli, il 59,6% all’esistenza del Paradiso e dell’Inferno e il 56,6% alla presenza di angeli e demoni. Per il 37,9% dei credenti e dei non credenti il peccato consiste nel far del male agli altri, per il 32% significa trasgredire la legge di Dio.

In quattro case su dieci (43,3%) è presente un pet

Il 22,5% ha un animale da compagnia, il 9,3% ne ha due, il 4,1% ne ha tre e il 7,4% dichiara di averne più di tre. Il miglior amico degli italiani resta il cane (60,8%) seguito dal gatto (49,3%). Con grande distacco troviamo pesci e tartarughe (entrambi all’8,7%), uccelli (5,4%), conigli (5,2%), criceti (3,1%) e animali esotici (2,1%).

La maggioranza (38,6%) di chi ha un animale riesce a non oltrepassare la media dei 50 euro mensili per i pet e più del 35% contiene le spese sotto i 30 euro al mese. Solo il 19% spende fino a 100 euro mensili per cibare, tenere pulito o curare il proprio animale. Una minoranza coloro che possono permettersi di spendere ancora di più: il 4,3% che dedica al proprio pet un budget da 101 a 200 euro mensili, l’1,6% fino a 300 euro e un esiguo 1,4% che affronta una spesa di oltre 300 euro mensili.

Il rapporto con il mondo animale e le scelte alimentari “verdi”

L’80,7% degli italiani è contrario alla vivisezione (-7% rispetto al 2015) e il 68,5% alla caccia (-10%). Stessa tendenza per la produzione di pellicce, per cui la quota dei contrari scende all’86,3% (-4% circa). Aumenta chi vorrebbe abolire la pratica di utilizzare animali nei circhi (dal 68,3% al 71,4%) e negli zoo (dal 5,3% al 54,9%), ma calano i contrari ai delfinari (dal 64,8% al 56,3%). Cresce di 12 punti la percentuale di chi vorrebbe accoglienza per gli animali da compagnia nelle strutture alberghiere (68,5%) e di ben 13 punti il numero di chi è d’accordo sull’accesso degli animali in luoghi pubblici (69,1%).

Il 7,1% degli italiani si dichiara vegetariano e l’1% è vegano. Sommando le due pratiche, si può affermare che l’8% degli italiani segue una dieta esclusivamente “verde”.

La dotazione tecnologica degli italiani

Garamond”,”serif”; color:#3B3B3B”>Il computer portatile sorpassa (64,5%) quello fisso (54,7%). Lo smartphone si conferma lo strumento tecnologico più diffuso nel nostro Paese: ne ha uno il 75,7% degli italiani (erano il 67% nel 2015). Sono invece meno della metà i possessori di tablet/ipad (43,3%, in crescita rispetto al 36,8% del 2015), abbonamento alla Tv a pagamento (42,1%, rispetto 36% del 2015). Poco meno di un terzo ha una consolle per videogiochi (31,3%); il 27,5% una smart Tv.  Nonostante le nuove modalità di fruizione dei contenuti televisivi, quella tradizionale, in tempo reale sul mezzo televisivo, rimane la più diffusa. Il mezzo utilizzato principalmente dagli italiani per comunicare con parenti/amici è ancora la telefonata, con una percentuale del 66% (-6,4% rispetto al 2015). L’unica vera alternativa numericamente rilevante è WhatsApp, con il 29,3% (+11% rispetto al 2015).

Tutti con il telefonino: smartphone o no, ne ha uno il 93,1% degli italiani dai 18 anni in su

L’utilizzo più frequente resta chiamare ed essere chiamati (99,3%), seguono inviare e ricevere sms (85,1%). Moltissimi comunicano tramite WhatsApp o altre applicazioni di messaggistica (75,2%), fanno foto e filmati (69%) e li inviano e ricevono (68%), navigano su Internet (66,8%). La maggioranza usa le applicazioni (54,2%) ed i Social Network (51,1%).

Navigare su Internet è ormai un dato di fatto per la maggior parte della popolazione (l’81,5%)

Gli italiani usano la Rete soprattutto per cercare informazioni di loro interesse (97,8%) e inviare e ricevere e-mail (85,8%); per navigare sui Social Network (68,9%), guardare filmati su YouTube (66,8%), controllare il proprio conto bancario (65,1%), fare acquisti (55%). Con l’e-commerce si acquistano soprattutto biglietti ferroviari/aerei (85,3%), viaggi (69%), biglietti per cinema/concerti/teatro/mostre (67,4%; +20,5%), apparecchiature tecnologiche (66,2%; +10,7%), capi di abbigliamento (61,4%: +8,7%), coupon su gruppi d’acquisto (39,4%), trattamenti estetici e per il benessere (26,8%), visite mediche (25,3%; +8,6%), corsi (23,7%; +9%) e pranzi/cene/aperitivi (22,5%; +10,9%). Meno frequente anche se in crescita l’acquisto di prodotti alimentari (19,3%; +13,2%). Un rilevante 27% di chi usa Internet afferma di aver sentito violata la propria privacy perché qualcuno ha pubblicato online foto in cui era presente; il 21,2% perché qualcuno lo ha contattato online in modo insistente.

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