Valore e significato del Natale piccirill’ di Sirignano L’origine di una tradizione rivolta al futuro

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Nello splendido maniero dei principi Caravita si è tenuto, con grande partecipazione di pubblico, un convegno dal titolo “Valore e significato del Natale piccirill’ di Sirignano”. Il Comune della Bassa Irpinia è noto per festeggiare una sorta di piccolo Natale in occasione della festa patronale di Sant’Andrea Apostolo.

L’incontro promosso dalla Pro Loco ha visto la partecipazione dello storico locale Pasquale Colucci, dell’archeologa Francesca Miro e del cultore di tradizioni popolari Roberto D’Agnese. Si è cercato di dipanare qualche dubbio partendo dalla considerazione, come ha riferito lo storico, che ci sono pochi documenti scritti rispetto alle fonti memorialistiche. «Il culto di Sant’Andrea nella nostra comunità è più antico della tradizione del Natale piccirill’, era pratica diffusa secondo la liturgia ecclesiastica consumare un cenone di magro la vigilia di una festa sacra e questo avveniva anche a Sirignano. Negli anni Venti del secolo scorso – continua Pasquale Colucci – un prete nato e vissuto a Sirignano, Francesco Fiordelisi, si inventò una formula di finanziamento per realizzare la festa del Santo Patrono. Il prelato fece arrivare da Napoli un carico di alici per consentire a tutti i sirignanesi di celebrare la cena di magro e ognuno in cambio della consegna donava quello che poteva anche niente alla chiesa per la festa di Sant’Andrea. Questa fu una delle prime forme di solidarietà, che si ricordano nella nostra comunità, dove fu concesso a tutti di poter consumare la cena di vigilia di Sant’Andrea».

Francesca Miro si è soffermata sugli elementi che caratterizzano questa tradizione: «Il cenone di magro che celebriamo sulle nostre tavole è basato sui prodotti agricoli coltivati storicamente a Sirignano. I broccoli all’insalata sono piantati per poterli raccogliere il 29 novembre e sono conditi con l’olio nuovo delle nostre colline, mia nonna diceva l’olio si ingigna la vigilia di Sant’Andrea, la scarola imbottita, il granturco con cui si fa la pizza di raurinio, le noci per gli spaghetti, il vino che accompagna le pietanze. Parlare di questa tradizione ci aiuta a parlare della nostra identità e a creare quell’appartenenza alle nostre radici».

Con Roberto D’Agnese si è cercato di tracciare l’importanza di un’usanza per far conoscere un luogo e farlo uscire dall’isolamento: «Le tradizioni vanno raccontate con il rispetto del passato ma devono guardare al futuro. Devono rispondere ai canoni moderni per poter essere uno strumento di coinvolgimento e di sviluppo».

I saluti dell’amministrazione comunale sono stati affidati dal sindaco Antonio Colucci al consigliere Pellegrino Peluso: «L’Irpinia si spopola, tremila persone soprattutto giovani vanno via in media in un anno. È come se ogni anno uno dei nostri paesini scomparisse dalla cartina geografica. Conoscere le nostre radici e promuoverle potrebbe essere un motivo per poter tornare a casa, nonostante le difficoltà legate alle esigenze lavorative. È un’usanza molto sentita e non dobbiamo farla scomparire ma promuoverla come sta facendo la Pro Loco Sant’Andrea e ben vengano iniziative come questo convegno».

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